Cultura
Il calco del Ventennio in un Paese alla ricerca dell’identità perduta
Passato e presente Una riflessione su «Fascismo, fascismi, nuovi fascismi», promosso, tra gli altri, dal museo delle Storie di Bergamo. All'epoca, il nesso totalitario passava attraverso uno spostamento di accento: l’offerta della lotta all’eguaglianza dei diritti attraverso il rimando all’uniformità delle appartenenze
Fabio Mauri, «Retrospettiva a luce solida» (particolare di un'installazione al Museo Madre di Napoli, 2016)
Passato e presente Una riflessione su «Fascismo, fascismi, nuovi fascismi», promosso, tra gli altri, dal museo delle Storie di Bergamo. All'epoca, il nesso totalitario passava attraverso uno spostamento di accento: l’offerta della lotta all’eguaglianza dei diritti attraverso il rimando all’uniformità delle appartenenze
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 2 marzo 2019
Quale fosse quel dispositivo culturale che faceva del regime fascista un esercizio di totalitarismo imperfetto ed incompiuto, tra velleritarismi spinti, enfatiche autorappresentazioni ma anche aspirazioni a dare spessore a una nazionalizzazione degli italiani in chiave seccamente autoritaria, lo si desume già nel giugno del 1925, quando Mussolini pronuncia il famoso discorso «sull’intransigenza assoluta». La crisi generata dall’assassinio di Giacomo Matteotti era oramai alle spalle e il «duce del fascismo» poteva guardare con un certo respiro ai progetti per il futuro a venire. Il discorso, rivolto alla platea congressuale del suo partito, costituiva una vera e propria piattaforma programmatica, ancorché priva...