Editoriale

Il campo stretto di Pisapia

Il campo stretto di PisapiaGiuliano Pisapia – Ansa

La legge di bilancio, alla fine della legislatura, è uno spartiacque che impegna la sinistra a dare battaglia contro una politica economica del governo che, giustamente, Gentiloni rivendica alla continuità […]

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 5 ottobre 2017

La legge di bilancio, alla fine della legislatura, è uno spartiacque che impegna la sinistra a dare battaglia contro una politica economica del governo che, giustamente, Gentiloni rivendica alla continuità di chi lo ha preceduto. Scostamento dal deficit e ribollita delle scelte che hanno coperto di miliardi le imprese allargando il girone della precarietà, togliendo (i diritti) e tagliando (gli ammortizzatori sociali). Senza voler aprire altri amari capitoli come quello sull’immigrazione.

Diciamo che pur meritoriamente impegnati a chiedere l’abolizione del superticket, il non voto al Def di Pisapia e Bersani (abbreviazione di Campo progressista e Mdp), è una rincorsa a smentire tutto quello che gli scissionisti del Pd hanno votato fino a ieri insieme a Renzi. Oltretutto mettere sul tavolo un do ut des tra legge elettorale e legge di bilancio non depone a favore di una limpida battaglia.

Tuttavia pur se tardiva, questa sacrosanta «discontinuità» spesso si impiglia nelle vicende ormai davvero stucchevoli del balletto tra Pisapia e il resto della sinistra, riducendo così il« campo largo» dell’alternativa a una storiella evaporata, in breve tempo, in un campo molto stretto. Ormai l’unica occupazione dell’ex sindaco di Milano sembra quella di alzare muri per escludere Sinistra italiana, D’Alema e tutti quelli vogliono costruire una forza di sinistra nei tempi necessari e intanto lavorare anche a una (una) lista elettorale credibile su alcuni punti chiari.

Oggi pubblichiamo un piccolo volume con i tre discorsi di papa Bergoglio ai Movimenti popolari su Terra, Casa, Lavoro. Il papa naturalmente non è diventato comunista, ma definisce un programma di rinnovata dottrina sociale della chiesa, richiamando analisi condivise dalle sinistre nel mondo. Tre discorsi dove i poveri non sono più oggetti della solidarietà, ma soggetti del cambiamento contro l’attuale sistema dell’economia globale. Secondo il papa devono intervenire, farsi protagonisti di una politica contro lo sfruttamento. Scrive Bergoglio ma sembra di leggere Vandana Shiva. Sfruttamento della natura e dell’uomo, impegno contro un sistema economico capace di tutto, «come avviene anche in Italia dove con la disoccupazione si annulla un’intera generazione per mantenere l’equilibrio». Non si potrebbe dire meglio.

Invece la discussione pubblica declina verso questioni di schieramento di ceto politico, con l’uomo del dialogo che vuole allearsi con Renzi «perché ha vinto le primarie» mentre chiede a D’Alema di farsi da parte perché è «divisivo» e in pratica traccia il confine, tra chi è dentro e chi è fuori. A volte non si capisce nemmeno tanto a nome di chi delimita il campo, a volte l’investitura ricevuta da Bersani sembra la definizione di una linea politica, salvo assistere al balletto delle smentite a stretto giro. Dire «Non siamo alternativi al Pd, siamo sfidanti del Pd», aiuta poco a capire il che fare quando si passa al linguaggio delle cose concrete che riguardano sia le politiche che gli interlocutori con cui costruire una campagna elettorale.

Il delegato, il coordinatore, il facilitatore Pisapia è il primo a sapere che quando ci si investe di una funzione politica di primo piano a livello nazionale bisogna esserne all’altezza e al servizio, innanzitutto parlando con tutti. Laura Boldrini e Pietro Grasso, due figure istituzionali presenti in questa fase del dibattito a sinistra, lo stanno facendo testimoniando un impegno utile a parlare a un’opinione pubblica più larga. Figure con autorevoli biografie, poco avvezze alla vita dei vecchi partiti, circostanza che oggi al mercato elettorale vale quanto una medaglia al valore.

 

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