Alias Domenica
Il canto di Leopardi è un campo lungo
Critica letteraria Nel suo nuovo lavoro Il mappamondo di Giacomo (Marsilio), Gilberto Lonardi sposta il fuoco sull’Oriente, epicentro il «Pastore errante»; e rilegge i Canti come punto di svolta, con i poeti del ’900
Joseph Wright of Derby, Two boys with a bladder, 1769-’70 ca., Londra, Lowell Libson & Jonny Yarker Ltd.
Critica letteraria Nel suo nuovo lavoro Il mappamondo di Giacomo (Marsilio), Gilberto Lonardi sposta il fuoco sull’Oriente, epicentro il «Pastore errante»; e rilegge i Canti come punto di svolta, con i poeti del ’900
Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 1 marzo 2020
L’ultimo lavoro di Gilberto Lonardi, Il mappamondo di Giacomo Leopardi, l’antico, un filosofo indiano, il sublime del qualunque (Marsilio «saggi», pp. 267, € 25,00) corona il lunghissimo corpo a corpo del suo autore con la poesia leopardiana, e arriva al culmine di una trilogia aperta da L’oro di Omero (Marsilio, 2005), e proseguita più di recente con L’Achille dei ‘Canti’ (Le Lettere, 2017). È piuttosto chiaro sin dai titoli citati che un tale, continuo confronto si imperniava, fin qui, sull’amore incontrastato che Leopardi nutre da subito per la Grecia antichissima («Cosa terribile: non aver conosciuto Omero» scriveva per esempio Giacomo,...