L’articolo di Andrea Capocci partendo dall’analogia tra la ricerca biomedica e il Cern, evidenzia con grande maestria come il capitale multinazionale agisce, con il concorso di Stati nazionali asserviti, per ridurre o eludere costi e rischi della ricerca e della sperimentazione.
Ciò che lascia basiti è che questi costi, come nel caso delle multinazionali farmaceutiche, vengono fatti pagare dallo Stato, quindi dai contribuenti, due volte, la prima per sostenere la ricerca, la seconda per pagare farmaci a prezzi costosi, perché brevettati.
“DAGLI ANNI OTTANTA, in Italia e all’estero la produzione di farmaci e terapie si è fondata su una divisione del lavoro tra pubblico e privato ben precisa. La ricerca di base ad alto rischio si svolge in gran parte nelle università e negli enti di ricerca pubblici ed è sostenuta dallo Stato. I risultati più promettenti di questa attività vengono trasformati in prodotti industriali e brevettati dalle aziende farmaceutiche. Lo Stato - o le assicurazioni private laddove manca un servizio sanitario pubblico universale - ricompra la produzione farmaceutica per soddisfare i bisogni sanitari della popolazione, ai prezzi fissati in regime di monopolio dall’industria. In questo modo, lo Stato paga due volte: prima per la ricerca di base, poi per riacquistarne i risultati a caro prezzo dall’industria privata.”
La strada da percorrere, per contrastare un capitalismo che continua a sfruttare territori e persone seguendo logiche da criminalità organizzata e autorizzata, è quella della sperimentazione di modelli di sviluppo che devono sganciarsi dall’economia di mercato e ripensare la tecnologia come mezzo di liberazione in contrapposizione al suo utilizzo come strumento di oppressione.