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Il cinema puro di Aroonpheng

Il cinema puro di AroonphengUna scena da «Manta Ray» di Phuttiphong Aroonpheng

Intervista L'esordio del regista thailandese è un film misterioso che ha radici nel cinema muto di Man Ray e Luis Buñuel

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 28 dicembre 2019
Phuttiphong Aroonpheng è un sorridente quarantatreenne thailandese cresciuto come direttore della fotografia, come ogni cineasta thailandese, con il cinema di Apichatpong «Joe» Weerasethakul incagliato tra occhi e polmoni, vedendolo e respirandolo come l’aria, ma avendo sempre Lynch nel cuore e Eraserhead come film dei desideri. Ed è lyncianamente leggendola allora che può meglio intendersi la sua modalità di restituzione tutta lirica, e di una liricità tutta visiva e sensoriale, di quella barbarie sanguinante che è il genocidio della popolazione Rohingya. Realtà basculante «Personalmente credo che nel trattare questo tipo di temi, i rifugiati, le grandi tragedie, la politica la funzione...

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