Il frutto avvelenato
Una schifezza politica ma anche un inedito colpo alla democrazia parlamentare che strappa la già logora tela delle istituzioni democratiche e che segnerà in futuro il rapporto tra un potere […]
Una schifezza politica ma anche un inedito colpo alla democrazia parlamentare che strappa la già logora tela delle istituzioni democratiche e che segnerà in futuro il rapporto tra un potere […]
Una schifezza politica ma anche un inedito colpo alla democrazia parlamentare che strappa la già logora tela delle istituzioni democratiche e che segnerà in futuro il rapporto tra un potere legislativo sempre meno costituzionalmente rilevante e potere esecutivo sempre più svincolato dalle regole parlamentari. E’ il colpo di “ghigliottina” vibrato ieri sera dalla presidente della Camera per troncare l’ostruzionismo parlamentare dei deputati del Movimento 5Stelle. Una battaglia meritoria e durissima, condotta in solitudine, contro il decreto del governo che unisce due materie inconciliabili (Imu e ricapitalizzazione della Banca d’Italia).
La dura opposizione dei grillini purtroppo non ha prodotto l’esito sperato, non è riuscita nell’intento, opportuno e ragionevole, di spacchettare il decreto in due provvedimenti separati: uno necessario e urgente sull’Imu, l’altro, né necessario, né urgente, sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia. Aver scartato questa scelta di buon senso, come pure era già avvenuto con il decreto salva-Roma, quando, grazie alla moral suasion del presidente della Repubblica, le materie furono divise e separatamente votate, autorizza a nutrire i peggiori sospetti sullo stato di salute delle nostre maggiori banche.
Questa volta, grazie anche alla maldestra gestione politica dei parlamentari a 5Stelle, capaci di offuscare una sacrosanta critica al decreto con gli insulti al capo dello stato (una guerra senza quartiere culminata ieri con la richiesta ufficiale di impeachment), il Quirinale è rimasto silente. Nulla da eccepire sul contenuto indigesto del decreto. Il governo, nella persona del ministro Franceschini, ha mantenuto il ricatto (o il decreto o il caos) e la presidente della Camera ha fatto calare, sarebbe il caso di dire ob torto collo, la mannaia.
Dentro questa brutta vicenda si legge sia la degenerazione di un quadro politico che sopravvive sulla continua forzatura dell’impalcatura costituzionale, sia la prevalenza dei poteri forti (un sistema bancario altrimenti impresentabile agli imminenti stress-test di Francoforte). Con buona pace dell’interesse generale.
E naturalmente non sfugge come proprio mentre si assisteva alla mortificazione della democrazia parlamentare, allo svilimento del potere legislativo a vantaggio di quello esecutivo, contemporaneamente Renzi e Berlusconi siglavano l’accordo su una pessima legge elettorale. Premio di maggioranza pesante, emendamento speciale per la Lega, soglie di sbarramento proibitive per tutti gli altri partiti, candidature multiple. Un’altra ghigliottina che taglia di netto la funzione della rappresentanza sottomettendola alle ragioni della governabilità.
Il voto salvabanche di Montecitorio e il patto sulla legge elettorale sono i frutti avvelenati della piena e profonda sintonia tra il Pd e Fi. Un patto di potere che reclama una durissima opposizione fuori e dentro le aule parlamentari.
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