Il mio ministro è uomo saggio…
Interni di governo Il ministro dell’Interno del mio paese indossa la divisa. Non tutta insieme. Una giacca, un caschetto. Se la mette quando fa i comizi o le passeggiate tra la folla. Qualcuno […]
Interni di governo Il ministro dell’Interno del mio paese indossa la divisa. Non tutta insieme. Una giacca, un caschetto. Se la mette quando fa i comizi o le passeggiate tra la folla. Qualcuno […]
Il ministro dell’Interno del mio paese indossa la divisa. Non tutta insieme. Una giacca, un caschetto. Se la mette quando fa i comizi o le passeggiate tra la folla. Qualcuno per lui dice «preparate i telefonini».
Lui comunica attraverso la sua pagina Facebook. In quello spazio parla direttamente agli italiani e in molti lo seguono. Ha più di tre milioni e mezzo di follower. Un politico che comunica come il mio compagno di calcetto entra nella mia vita come se fosse un amico. In una foto che ha postato recentemente lo si vede con una t-shirt nera con su stampata una scritta a caratteri enormi: LA DIFESA È SEMPRE LEGITTIMA.
È un’altra delle sue tecniche di comunicazione. Si mette addosso una felpa o una maglietta con una scritta. Basta la foto. La scritta parla per lui. Quasi sempre è infilata sopra la camicia. Usata come una bandiera. Poi aggiunge tre righe di commento. Spesso c’è una faccina. Manda baci, saluti e chiede ai follower: «Che ne dite, amici?». Il giorno di Pasqua ha postato due immagini sbarazzine. In una si fa il selfie con un somaro: «Guardate chi ho incontrato!».
Nell’altra si ritrae con una montagna di polenta. Nelle stesse ore il suo responsabile della comunicazione ha postato una foto sorprendente per il giorno della Resurrezione di Cristo.
Il ministro dell’Interno del mio paese è ritratto con un’arma da guerra e poche righe: «Siamo armati e dotati di elmetto!». Undici anni fa Umberto Bossi minacciò di scatenare i suoi uomini. «Abbiamo 300 mila martiri – disse – i fucili sono sempre caldi».
In quel lontano aprile si chiuse il secondo governo Prodi, tornò Berlusconi e non scoppiò una guerra civile. Non credo che scoppi la prossima settimana. Ma in questi anni è cambiato il linguaggio, dei media e il nostro. Un linguaggio che non tutti sanno gestire e che per qualcuno può diventare un delicatissimo detonatore.
Poco più di un anno fa un italiano di 28 anni ha sparato a sei immigrati di origine sub-sahariana. È stato arrestato davanti al monumento dei caduti di Macerata mentre faceva il saluto romano e gridava «viva l’Italia» con il tricolore sulle spalle. Anche il ministro dell’Interno del mio paese ha condannato quell’azione. Il ministro è un uomo saggio e peserà ogni parola per il bene del mio paese.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento