Concordo, vorrei solamente far notare che alla frase: “Negli ultimi anni ci si è per lo più soffermati ad analizzare e denunciare soprattutto la dimensione simbolica e psicologica della violenza esercitata sui lavoratori dal neoliberalismo, con la sua enfasi sulla competizione meritocratica e sulla valutazione della qualità. Come se il governo neoliberale delle condotte si esprimesse necessariamente tramite un modo soft e immateriale di gestire il potere.” È vero, che ci siamo soffermati e abbiamo denunciato, ma in modo poco incisivo, o quanto meno pieno di dimenticanze nei confronti di tempi non così lontani (dal ‘60 agli anni’ 80) e ancora non pienamente elaborati, proprio nell’ambito delle manifestazioni di piazza e del relativo uso della violenza. Il pubico velo “perbenista” ora ci si sta rivoltando contro. E su questo dobbiamo lavorarci ancora molto.
N. B ho usato il termine “perbenista” non nel suo senso dispregiativo, ma nel suo senso descrittivo di una persona che abbisogna di una, seppur illusoria, visione ottimistica delle cose, in questo caso specifico dell’uso della violenza da ambo le parti in conflitto. Perché se una manifestazione non è autorizzata ci sono due parti che entrano in conflitto e devono in un qualche modo saper gestire entrambe il conflitto creatosi. Avrei potuto usare il termine buonista, ma il fraintendimento sarebbe rimasto.