Editoriale

Il nuovo che avanza

Tre notizie. La prima proviene dal circuito politico-mediatico e riporta le parole del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, esponente di 5 Stelle e possibile candidato premier di quel partito: […]

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 13 aprile 2017

Tre notizie. La prima proviene dal circuito politico-mediatico e riporta le parole del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, esponente di 5 Stelle e possibile candidato premier di quel partito: «L’Italia ha importato dalla Romania il 40% dei loro criminali».

Ora, dico io, ma si può – superata l’acerba età dell’adolescenza e della beata innocenza – esprimersi in termini così grossolani? E con ricorso tanto sgangherato a cifre malamente lette e ancor più malamente interpretate? Questo per dire che al peggio non c’è mai fine e per farsi già ora un’idea di cosa può riservarci il nuovo che avanza.

La seconda notizia giunge dal Parlamento e annuncia che ieri Camera e Senato hanno approvato in via definitiva i cosiddetti decreti Minniti-Orlando sul contrasto all’immigrazione illegale e sulla sicurezza urbana. Si tratta di una normativa che ha sollevato molte e robuste perplessità perché presenta forzature e strappi rispetto al nostro ordinamento giuridico, tali da configurare vere e proprie lesioni nel sistema di garanzie e diritti.

Si arriva al punto di prevedere per gli stranieri una giustizia minore e diseguale, se non una sorta di «diritto etnico» – e uso questa formula con autentico disagio -, che stabilisce significative deroghe alle garanzie processuali comuni. E infatti l’abolizione dell’appello, tutt’ora previsto anche per le liti condominiali e per le sanzioni amministrative, indebolisce gravemente il diritto alla difesa: per quanto riguarda il soggetto più vulnerabile tra tutti (il profugo) e per quanto riguarda un diritto inviolabile della persona, tutelato dalla nostra Costituzione, come il diritto d’asilo.

Un’altra pesante limitazione al sistema delle garanzie, viene determinata dalle nuove norme sulla sicurezza urbana. L’introduzione della flagranza differita produce un perverso ossimoro: l’immediatezza, propria della flagranza, viene dilatata e prorogata fino a 48 ore, precariamente supportata da immagini videoregistrate, che sostituirebbero l’attualità delle procedure di arresto all’atto del compimento del reato.

Inoltre, si estendono ulteriormente le misure di prevenzione (limitative della libertà personale, benché basate non sulla commissione di reati ma su meri sospetti sulla persona) e si introduce la nuova misura dell’allontanamento da (e del divieto di accesso a) determinati luoghi per esigenze di tutela del decoro urbano. Anche questa forma di “daspo”, applicabile persino ai minori, è una misura che solo formalmente può dirsi amministrativa, dal momento che la sua sostanza incide fortemente sulla libertà, non solo di movimento.

C’è, infine, un inequivocabile segnale del carattere innanzitutto declamatorio di queste misure. È possibile, infatti, che simili provvedimenti non siano principalmente indirizzati nei confronti dei senza fissa dimora, ma è pressoché inevitabile che a essi in primo luogo verranno applicati. E allora qualcuno dovrebbe avere la cortesia di spiegare come faranno i trasgressori – quell’umanità costituita da emarginati, non garantiti, senza tetto, affetti da tutte le patologie e da tutte le dipendenze – a pagare la sanzione pecuniaria, fino a 300 euro, prevista per chi violi «i divieti di stazionamento e di occupazione di spazi». Per queste ragioni, Walter Tocci e io, come già facemmo a proposito del decreto sull’immigrazione, ieri non abbiamo votato la fiducia al governo in materia di sicurezza urbana.

La terza notizia non so se già può definirsi buona, ma va considerata senza dubbio promettente. In senso proprio: annuncia, cioè, qualcosa che ha tutte le premesse per realizzarsi. Sempre ieri, sempre tra Camera e Senato, mentre Luigi Di Maio si arrampicava sulle sue scempiaggini, e mentre venivano approvati i provvedimenti su immigrazione e sicurezza, si teneva una affollatissima conferenza stampa per presentare la campagna «Ero straniero. L’umanità che fa bene».

La campagna sostiene un disegno di legge di iniziativa popolare che intende superare la Bossi-Fini e introdurre una serie di norme tra le quali i permessi di soggiorno temporanei per la ricerca di occupazione, la reintroduzione del sistema dello sponsor, la regolarizzazione su base individuale degli stranieri integrati, alcune misure per l’inclusione attraverso il lavoro dei richiedenti asilo e l’abolizione del reato di clandestinità. Il progetto, promosso in primo luogo da Emma Bonino e Don Virginio Colmegna, ha incontrato l’adesione attiva di un amplissimo numero di associazioni, movimenti, operatori e numerosi sindaci. Dunque, mentre il discorso pubblico sull’immigrazione continua a oscillare tra toni foschi e rappresentazioni catastrofiste, tra cronache criminali e allarmi sociali, qualcosa infine si muove. Se la politica, quasi tutta la politica, sembra volersi sottrarre alle proprie responsabilità, altri soggetti e altre culture cominciano a muoversi. Non è ancora troppo tardi.

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