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Il «Recovery fund» per salvare le vite dei migranti
Ue/Mediterraneo Se il “recovery fund” segna un salto di qualità nel processo di integrazione europea (in direzioni che rimangono tutte da indagare, naturalmente), nel Mediterraneo si giocano partite essenziali per la definizione dei confini di quell’Europa che si intende riqualificare
Barca con a bordo migranti nell'agosto 2020 – LaPresse
Ue/Mediterraneo Se il “recovery fund” segna un salto di qualità nel processo di integrazione europea (in direzioni che rimangono tutte da indagare, naturalmente), nel Mediterraneo si giocano partite essenziali per la definizione dei confini di quell’Europa che si intende riqualificare
Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 13 settembre 2020
C’è la tendenza, da parte dei media e del sistema politico, a trattare quanto avviene nel Mediterraneo, e più in generale la questione delle migrazioni, come un tema a sé, di solito rubricandolo come un’emergenza (securitaria o umanitaria, poco cambia rispetto alla logica del discorso). A nessuno viene in mente, ad esempio, di collegare questo tema con il “recovery fund”, di cui si discute con tutt’altro linguaggio e tono. A me pare, tuttavia, che questo atteggiamento sia profondamente fuorviante. Se il “recovery fund” segna un salto di qualità nel processo di integrazione europea (in direzioni che rimangono tutte da indagare,...