Cultura
Il restauro che uccide il Colosseo
Beni culturali Macchie, livelli disomogenei di pulitura, patina dell'invecchiamento e palinsesto a rischio di sparizione. La cura dell'Anfiteatro Flavio, affidata a imprese generali di edilizia, promette male. Parla Manuela Micangeli, presidente del consorzio Arké
Il Colosseo con i ponteggi – LaPresse
Beni culturali Macchie, livelli disomogenei di pulitura, patina dell'invecchiamento e palinsesto a rischio di sparizione. La cura dell'Anfiteatro Flavio, affidata a imprese generali di edilizia, promette male. Parla Manuela Micangeli, presidente del consorzio Arké
Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 21 gennaio 2015
Un restauratore che abbia messo le mani sulla Cappella Sistina, il Duomo di Orvieto o su un dipinto di Leonardo, è probabile che in Italia resti disoccupato. A lungo pure. Esodato o, meglio, «esiliato». Non perché non ci sia lavoro – sarebbe un paradosso qui – ma perché costretto a rimanere in finestra, a guardare altri soggetti all’opera, pur se non qualificati. Dovrà fare i conti con una nuova identità: quella di una figura professionale che ha dato lustro al suo paese e che oggi è emarginata. Con tanto di Cesare Brandi gettato alle ortiche. Così, un consorzio come Arké,...