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Immagini truccate e ricerche riciclate. A firmarle è Schillaci

Il ministro Schillaci foto LaPresseIl ministro Orazio Schillaci – LaPresse

Inchiesta Il manifesto scopre un gran numero di sbagli o possibili frodi. Il ministro: non sono un esperto di microscopia, mi sono fidato

Pubblicato circa un anno faEdizione del 14 settembre 2023

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Scambiare due immagini al microscopio in una pubblicazione scientifica ne mette inevitabilmente in discussione la validità, anche se non segnala necessariamente una frode. Perché può capitare a tutti di sostituire un file per errore.

Quando la distrazione si ripete troppo spesso, tuttavia, dovrebbe scattare un campanello d’allarme in chi guida un laboratorio: tra i collaboratori potrebbe essercene uno troppo distratto o disonesto, a meno che tutta l’équipe non sia connivente con una vera e propria truffa.

Il riciclo delle immagini infatti è uno dei metodi più utilizzati per truccare le ricerche scientifiche. La tentazione di ricorrervi viene quando un esperimento non ha dato il risultato sperato, oppure non è stato proprio realizzato: invece di ammettere il fallimento, un ricercatore poco onesto può fingere che le cose siano andate per il verso giusto usando come riprova un’immagine ottenuta in tutt’altro contesto e opportunamente modificata.

La probabilità che qualcuno controlli e scopra la truffa è bassissima: servono strumenti informatici piuttosto sofisticati, di cui dispongono pochi ricercatori e poco utilizzati dalle stesse riviste scientifiche.

PER IDENTIFICARE le anomalie negli studi del gruppo di ricerca guidato dal ministro Schillaci, il manifesto ha utilizzato un software denominato ImageTwin (immagini gemelle). Lo ha sviluppato una start-up austriaca che, grazie all’intelligenza artificiale, in pochi secondi è in grado di confrontare una figura con una banca dati di decine di milioni di immagini utilizzate nella letteratura scientifica, identificando eventuali duplicati e ritocchi digitali.

Le immagini sospette sono almeno una decina in pubblicazioni relative al periodo 2018-2022 in cui l’attuale ministro è stato prima preside della facoltà di medicina dell’università di Tor Vergata e poi rettore dell’ateneo.

Molti degli studi affrontano un tema delicato come la diagnosi e la cura del cancro. Il più problematico riguarda una ricerca pubblicata nel 2021 sul Journal of Clinical Medicine dal gruppo di Schillaci (che nel testo se ne dichiara responsabile per la supervisione, l’ideazione, la metodologia e la stesura) in cui viene presentata un’immagine relativa a cellule di tumore alla prostata. Solo che quella immagine era già stata usata in un’altra pubblicazione del 2019 sull’International Journal of Molecular Sciences, sempre con la firma del ministro, riferita a cellule di tumore al seno. In quel caso Schillaci si attribuiva «solo» la validazione dei dati e la revisione del testo.

RISALENDO LA CATENA, però, si scopre che anche questa pubblicazione riciclava un’immagine al microscopio di cellule ossee appartenenti a metastasi generate da un tumore al seno, in cui però si usa un’immagine prelevata da uno studio sulle ossa che con il tumore al seno non aveva nulla a che fare (e non firmata dal ministro).

In altri casi sospetti la stessa immagine viene usata due volte nello stesso studio per illustrare fenomeni diversi dopo opportuna modifica grafica. Succede in una pubblicazione del 2018 sulla rivista Contrast Media & Molecular Imaging firmata da Schillaci e collaboratori, dove la stessa immagine viene riferita a cellule di tumore alla prostata in pazienti metastatici e, dopo un ingrandimento che la rende irriconoscibile, anche a pazienti non metastatici.

Stessa cosa in uno studio pubblicato nel 2019 sul Journal of Clinical Medicine di cui il ministro si attribuisce ideazione, validazione, supervisione e stesura e in cui la stessa immagine viene usata due volte per illustrare due esperimenti diversi.

In un altro studio su Applied Sciences (2021) viene fatto un confronto tra cellule sottoposte all’inizio di un trattamento farmacologico e cellule non trattate da usare come termine di paragone. Ma le immagini usate per i due esperimenti sono in realtà la stessa immagine ritagliata in modo diverso. In questo caso Schillaci si è occupato anche della gestione dei dati, oltre che dell’ideazione e della supervisione dello studio, e funge anche da «corresponding author», cioè il ricercatore da contattare per ulteriori approfondimenti (di solito quello più addentro alla ricerca).

SECONDO IL RESPONSO dell’analisi digitale, altre immagini duplicate appaiono sulla rivista Cancer Research Reports nel 2020 e in un numero del 2020 del Journal of Clinical Medicine. L’ultima ricerca in cui viene usata la stessa fotografia al microscopio per mostrare fenomeni diversi risale al 2022, pochi mesi prima che Schillaci lasciasse la poltrona di Rettore per insediarsi al ministero, ed è comparsa sulla rivista Molecular and Cellular Biochemistry. Il ministro Schillaci vi compare come ideatore, supervisore, autore della prima stesura e responsabile della gestione dei dati.

Uno degli scienziati del gruppo di Schillaci, co-autore di tutte le ricerche in questione, contattato dal manifesto, non ha avuto difficoltà ad ammettere gli errori, derubricandoli però a incidenti di percorso sempre possibili in questi casi.

Il ministro della salute ci ha invece così risposto: «Apprendo da voi in questo momento la notizia, non ne avevo conoscenza. Non sono esperto di microscopia elettronica, mi sono fidato di chi ha fornito quelle immagini. Verificheremo se effettivamente ci sono degli errori».

Non è possibile stabilire chi abbia materialmente commesso errori o manipolazioni. Ma le regole della comunità scientifica sono chiare: chi guida un’équipe di ricercatori e ne firma gli studi, ha l’onere di vigilare sulla loro autenticità.

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