In attesa dell’alba nel laboratorio d’Oltralpe
Abbiamo chiuso questo numero di in movimento al buio, sapendo che quando sarebbe stato in edicola la Francia avrà già votato, e scelto, fra il peggio e il meno peggio. Come quando […]
Abbiamo chiuso questo numero di in movimento al buio, sapendo che quando sarebbe stato in edicola la Francia avrà già votato, e scelto, fra il peggio e il meno peggio. Come quando […]
Abbiamo chiuso questo numero di in movimento al buio, sapendo che quando sarebbe stato in edicola la Francia avrà già votato, e scelto, fra il peggio e il meno peggio. Come quando si spegne la frontale prima del bivacco, chiedendosi se al risveglio nevicherà o ci sarà tempesta, frugando nella memoria alla ricerca di immagini che ci rasserenino, ricordandoci quante cose belle abbiamo nel nostro zaino.
La Francia è una immensa sorella alpinistica. Con i suoi colori uno dietro l’altro: il bianco quasi accecante delle scogliere delle Calanques, le morbide tonalità di grigio del calcare a gocce delle Gole del Verdon, il granito compatto e dorato del Bianco, fino al grigio scuro, talvolta muschioso, dei massi della Foresta di Fontainebleau nell’Île de France, e, oltre mare, il verde dei vulcani della Guadalupa con le sue acque turchesi.
Un terreno di gioco sterminato e poliedrico che ha reso la Francia nel corso dei decenni quel grande laboratorio di stili e correnti alpinistiche che oggi conosciamo sotto il nome di boulder, arrampicata libera, sci ripido o ancora concatenamenti, velocità, alpinismo superleggero… Insomma, che ha fatto nascere quei tanti «conquistatori dell’inutile» di cui aspiriamo a seguire le impronte.
Più liberi, disincantati, fantasiosi, i francesi hanno osato più e prima di altri, e lasciato che le scintille di alcuni incendiassero la passione di molti, rivoluzionando il modo di vivere e fare l’alpinismo. Dagli studio parigini, dai bivacchi sui ghiacciai e dai grenier della Palud sono usciti personaggi poi divenuti mitici – Gaston Rebuffat, Lionel Terray, i due Patrick (Berhault e Edlinger) o Catherine Destivelle – che hanno scritto pagine indelebili di storia verticale, rompendo schemi, dogmi e tradizioni.
A volte rincorsi, a volte preceduti e superati dalle stelle nostrane, primo fra tutti Walter Bonatti.
«Sous les pavés, la plage», recitava lo slogan del Maggio francese, la lotta che apre la via al sogno. E con questo numero di maggio in movimento, necessariamente lacunoso data la vastità di questo paese, torniamo a sperare e a sognare… Prima dell’alba.
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