Editoriale

In Francia i politici sono al di sotto di ogni sospetto

Corruzione La moralità pubblica è in frantumi, più o meno come in Italia

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 aprile 2014

Dopo le elezioni comunali francesi ci si è chiesto: chi ha vinto, chi ha perso? Certamente hanno perso di brutto il partito socialista, il governo, François Hollande; formalmente ha vinto l’Ump, il partito neogollista; sostanzialmente ha vinto il Front National di Marine Le Pen. Ha perso tutto il sistema politico francese, considerato l’alto livello di astensione: cittadini disgustati dalla politica e dagli scandali che soffrono dure condizioni economiche, che non sanno più a quale santo votarsi (gli uomini politici francesi promettono e poi tradiscono le promesse).

Gli uomini politici francesi, ha scritto su Le Monde Gèrard Courtois, sono oggi «al di sotto di ogni sospetto» («Le parfum dè lè tère des anné es Sarkozy», Le Monde 12.3.2014): «cinismo e sentimento di impunità». La moralità pubblica è in frantumi, più o meno come in Italia. Il paragone Sarkozy-Berlusconi corre in Francia sempre più frequentemente. «La realtà sorpassa l’immaginazione». Nel discredito sono coinvolti «i palazzi», le istituzioni: la presidenza della Republica, la magistratura.

Prendo in considerazione un solo affaire, l’affaire Gheddafi (soldi ricevuti da Sarkozy da Gheddafi nel 2007). Due giudici istruttori che indagano sull’affaire scoprono che l’avvocato di Nicolas Sarkozy, Thierry Herzog, ha influenzato il giudice della Corte di cassazione Gilbert Azibert che conosceva tutto del «felpato» mondo della Corte, mondo nascosto alla vista dei cittadini (Gérard Davet e Fabrice Lhomme, «Soupçon de trafic d’influence dans le camp Sarkozy», «Le Monde» 8.3.2014).

Parla l’avvocato Herzog: «Quando ero il difensore del presidente della Repubblica molti magistrati sono venuti da me per chiedermi una decorazione, un trasferimento, la promozione della loro consorte. E’ forse favoritismo questo», è forse «trafic d’influence», è forse reato (Gérard Davet e Fabrice Lhomme, «Me Herzog: Je dé montrerai le moment venut qu’il s’agit d’une affaire politique», «Le Monde» 8.3.2014)? No, è vita normale, è pratica corrente, è routine. Rapporti confidenziali avvocati-magistrati: fino a dove possono giungere? Il mondo giudiziario è un mondo di difficili equilibri.

Nelle conversazioni telefoniche intercettate con l’indiziato Sarkozy, l’avvocato Herzog più volte definisce i magistrati incaricati dell’affaire Bettencourt «i bastardi di Bordeaux» e si rallegra per il lavoro svolto dal suo amico, giudice presso la Corte di Cassazione, Azibert (immediatamente dopo lo scandalo ricoverato in ospedale: non si sa se per caduta dalle scale o per tentato suicidio).

Dall’agenda di Sarkozy, dai giudici sequestrata, si apprende degli stretti rapporti Sarkozy-Bernard Tapie («affaire Tapie-Credit lyonnais»).

Vi è poi tutta la vicenda del maurrassiano Patrick Buisson, «sulfureux politoloque», specialista in sondaggi, ex consigliere di Sarkozy, molto ascoltato, insignito da Sarkozy della Legion d’honneur nel 2007, che ha registrato le riunioni dell’Eliseo di Sarkozy all’insaputa del presidente.

Il disprezzo del diritto è stato costante nel quinquennato Sarkozy (Denis Salas, «L’affaire Sarkozy sonne le glas de l’immunité des élites», Le Monde 13.3.2014). «L’affaire Sarkozy suona la fine dell’immunità delle élite», ma l’indipendenza dei magistrati resta aleatoria. I pubblici ministeri sono dipendenti dal potere politico. Sarkozy lotta per trasferire poteri dai giudici indipendenti ai pm dipendenti e alla polizia.

 

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