La scuola come anticamera al mercato del lavoro è ormai egemonia. Anni di riforme sballate e mancanza di finanziamenti per formare docenti giovani, e che entrano in classe per la prima volta in questi anni, hanno portato all’impossibilità di immaginare una funzione diversa per la scuola pubblica che non sia quella neoliberista. Perché possiamo anche mettere tutti i soldi che vogliamo - e devono essere messi, per esempio, per le infrastrutture - ma se resta l’egemonia liberista a riempire il vuoto di solitudine e frammentazione che c’è tra docenti, studenti e tra docenti e studenti allora i soldi possono poco. Sicuramente la scuola non può risolvere tutti i problemi della società, ma, come dice giustamente Franco Lorenzoni, se la scuola non riesce a essere migliore dalla società che c’è fuori allora a che serve? Ma una scuola veramente democratica e progressista, fondata realmente sull’articolo 3 della Costituzione, oggi, richiede una grandissima immaginazione: bisogna immaginare un mondo diverso e attuarlo giorno per giorno. Che poi, non è altro che il lascito della nostra Costituzione antifascista, democratica e repubblicana (quest’ultimo termine, nel suo significato più filosofico). Per questo chiedo alla discussione: quali pratiche adottiamo ogni giorno, noi insegnanti in classe, per immaginare una scuola migliore rispetto al mondo fuori? Secondo me, tutta la differenza la fa la risposta che ogni docente formula a questa domanda.