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Kenosha e i verbi per difendere il cacciatore e non la preda
America Down Se tre mesi di proteste prevalentemente pacifiche non sono bastate a insegnare alla polizia a non ammazzare senza ragione, non resta che alzare il livello dello scontro e prendersela con i luoghi e le cose che materialmente incarnano il dominio
Proteste ad Atlanta dopo i fatti di Kenosha – Ap
America Down Se tre mesi di proteste prevalentemente pacifiche non sono bastate a insegnare alla polizia a non ammazzare senza ragione, non resta che alzare il livello dello scontro e prendersela con i luoghi e le cose che materialmente incarnano il dominio
Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 27 agosto 2020
Secondo il comunicato della polizia di Kenosha, Jacob Blake (ancora in pericolo di vita in ospedale, e destinato a restare paralizzato) è una delle persone «coinvolte in una sparatoria in cui sono coinvolti agenti di polizia» («involved in an officer involved shooting»). Secondo il sito del Corriere della Sera, durante le proteste seguite all’episodio, «è scoppiata una sparatoria fra civili». Come in tutte le guerre, il linguaggio è una delle prime vittime: eufemismo, manipolazione, tutti i sotterfugi possibili per non chiamare le cose col loro nome e non nominare i colpevoli. In entrambi questi esempi, un atto di violenza unilaterale...