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Krasznahorkai, precarietà dei punti fermi

Krasznahorkai, precarietà dei punti fermiLászló Krasznahorkai ritratto da Valuska Gábor

Interviste letterarie Intervista allo scrittore ungherese László Krasznahorkai, in cerca, nei racconti di «Seiobo è discesa quaggiù» (Bompiani), di quanto dell’esperienza estetica sfugge alla comprensione

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 27 marzo 2022
«Esaminare la realtà fino a impazzire», questo potrebbe essere il motto di László Krasznahorkai, ammesso che un’opera così complessa come la sua possa essere posta sotto una unica divisa. Instancabile artefice di frasi-fiume che sono state giustamente paragonate dal suo traduttore inglese, George Szirtes, a «colate di lava verbale», lo scrittore ungherese nato a Gyula nel 1954 dispiega nei suoi romanzi una esasperata attitudine analitica che lo porta alla disintegrazione di ciò che percepiamo come reale. Un annichilimento che avviene, paradossalmente, per accumulo, tramite l’aggregazione progressiva di enunciati che, animati da una sorta di furore decostruttivo, contestano, stravolgono o comunque...

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