La carica dei ventimila per riprenderci il futuro
Editoriale

La carica dei ventimila per riprenderci il futuro

Mi riprendo il manifesto L'ultima prova si avvicina e l'esito finale è tutto e soltanto nelle nostre mani. Lasciamo gli altri, i cinici, i contabili, gli scettici, i delusi, a bocca aperta: partecipate, donate, abbonatevi, leggeteci in edicola e sul Web. Questo giornale vuole continuare la sua ricerca. Provare e riprovare. Morto il manifesto non se ne fa un altro
Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 18 dicembre 2014

Se il manifesto fosse una fabbrica argentina avremmo le troupe televisive fuori dalla porta. Per capire come è possibile che in un’epoca in cui i giornali chiudono a centinaia, questo nostro/vostro quotidiano, comunista, senza padroni, povero di mezzi ma non di spirito, totalmente autogestito dai lavoratori, è ancora in piedi e, anzi, riesce a crescere e ad adattarsi in modo originale perfino alla «rivoluzione digitale» che sta sconvolgendo l’editoria.

Siamo qui perché la comunità del manifesto è forte e determinata. Perché al nostro temerario «salto con l’asta»  per il riacquisto della testata state partecipando in tanti. Migliaia di persone con iniziative sul territorio e piccoli e grandi bonifici. Siamo certi che oggi in molti comprerete quest’ultimo numero dal pazzo prezzo di 20 euro. Grandissimo è il vostro affetto per noi. L’unica benzina nel nostro motore, oltre a un pizzico di integrità e di competenza.

Siamo al servizio di una sinistra diffusa, resistente, ma delusa da quello che la circonda. Scettica sul futuro. Scossa nei propri valori. Demonizzata come un mondo da rottamare in nome di un «nuovo» che alle nostre narici porta il tanfo irresistibile del vecchio. E invece in Grecia, in Spagna, in Germania, in America Latina, la sinistra esiste. Vince e convince.

Questa nuova cooperativa del manifesto è partita due anni fa come un foglio bianco, una storia ancora da scrivere. Pochi scommettevano sulla riuscita di questa impresa garibaldina, partita senza un euro e con un paio di bobine di carta in tipografia, dopo una divisione politica che ha lasciato cicatrici che oggi speriamo in via di guarigione. Se non altro in nome di un destino comune: salvare il giornale e riportarlo dove gli compete. Al centro non solo della sinistra italiana ma anche europea e d’oltre Oceano.

Dobbiamo essere orgogliosi di essere qui. Dovete esserlo anche voi, che oggi avete speso così tanto per leggerci e condividere questa giornata.

La nostra e vostra diversità è irriducibile alla moda e alle contingenze. Temperata dalla fatica della politica che tutti noi, in una forma o l’altra, pratichiamo o abbiamo praticato.

Cambiano equipaggi e capitani ma il vascello corsaro uscito dal grande porto del Pci per incontrare il ’68 solca ancora i mari. Forma originale della politica e quotidiano integro nelle intenzioni e nella gestione. Dichiaratamente dalla parte del torto. Sempre desideroso di navigare contro vento. Non sempre riuscito ma mai freddo. Eterno incompiuto. Perché è un corpo vivo, collettivo, che nemmeno una liquidazione e una brutale crisi economica possono sopprimere.

La campagna prosegue

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Arrivati a questo giro di boa natalizio, abbiamo alcune certezze. La campagna non si ferma: continuerà anche a gennaio. Quando i liquidatori metteranno all’asta la testata noi ci saremo. Le procedure sembrano andare a rilento ma riteniamo che il traguardo arriverà nella prima metà del 2015. Come sapete, sulla cifra raccolta finora manteniamo il riserbo dovuto ma possiamo dire che la campagna sta avendo successo.

I donatori finora sono: 318 con bollettino postale, 1.150 via bonifico e 2.189 con carta di credito. Se consideriamo come implicita «donazione» anche l’acquisto a 20 euro di questo numero e del precedente di novembre, superiamo ampiamente le 20mila persone coinvolte in un mese e mezzo.

E ora si vede bene, come speravamo fin dall’inizio, che i «soli di sinistra» (com’era il nostro primo slogan di ottobre) non sono affatto soli. Che il cielo è popolato di migliaia di stelle, ben conosciute come gli artisti che si sono prestati a offrire il volto con noi (altri ne arriveranno) e meno noti, come testimoniano le migliaia di lettere che pubblichiamo e leggiamo. Affettuose o critiche ma mai banali.

Siamo a metà percorso. E tutto questo alla resa dei conti potrebbe anche non bastare: per questo la campagna va avanti, anche negoziando con Banca Etica un prestito che possa dare fiato al giornale. Stiamo definendo le condizioni migliori per tutelare il manifesto anche nel futuro. Perché resti un giornale libero e senza padroni com’è sempre stato. Perché possa davvero vivere altri quarant’anni ed essere letto e fatto da altre generazioni.

Non è semplice. Non è scontato. Anzi, la parola «fine» non è ancora né vicina né lieta. Grazie al vostro aiuto stiamo lavorando su diversi fronti: sviluppare meglio Le Monde Diplomatique e Alias, portare a compimento le edizioni digitali iniziate un anno fa, migliorare forma e sostanza del giornale quotidiano, mettere a fuoco l’iniziativa politica del 2015.

Crescono le vendite, crolla la pubblicità

Le vendite in edicola della seconda metà dell’anno sono incoraggianti. A settembre (dati Ads) il manifesto è stato l’unico quotidiano italiano a crescere e anche a ottobre siamo in controtendenza rispetto agli altri giornali: +2,7% a fronte di un dato medio del -1,8%. Calano gli abbonamenti postali (la tempestività della consegna da parte di Poste non è esattamente «svizzera»), tengono gli abbonamenti coupon, crescono quelli digitali nonostante siano un po’ più cari della media (con l’Iva al 22% non possiamo permetterci le promozioni aggressive della “concorrenza”). Crolla ancora, purtroppo, la pubblicità e sarà questo dal 2015 il primo compito gestionale della cooperativa.

L’ultimo giro di boa

Per essere qui oggi abbiamo lavorato duramente. Abbiamo mantenuto la promessa fatta nel 2013: portare il giornale a scegliere il proprio destino, non rassegnarsi mai alla chiusura.

In tutto questo tempo abbiamo incontrato comprensione da parte di fornitori e collaboratori. Migliaia di lettori ci seguono con affetto. Intellettuali e artisti trovano qui lo spazio per immaginare il futuro ed elaborare sogni e ferite del presente. Molte associazioni e organizzazioni della sinistra guardano con speranza per le proprie sfide a questo burbero manifesto. Il collettivo sta rimarginando le sue cicatrici e abbiamo davvero bisogno dell’aiuto di tutti, fondatori e ultime leve.

L’esito finale è tutto e soltanto nelle nostre mani: questa lunga rincorsa adesso deve spiccare il volo. Lasciamo gli altri, i cinici, i contabili, gli scettici, i delusi, a bocca aperta: partecipate, donate, abbonatevi, leggeteci in edicola e sul Web.

Questo giornale vuole continuare la sua ricerca. Provare e riprovare. Morto il manifesto non se ne fa un altro.

Partecipa alla campagna su miriprendoilmanifesto.it

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