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La città trasformata in Avida Dollars (e non è Dalì)
Habemus Corpus Negli ultimi anni sono scomparsi il fruttivendolo, la merceria, i colorifici, molti elettricisti e calzolai, la valigeria, le cartolerie e quasi tutte le edicole, sostituite da bar e baretti, pizzerie, ristoranti più o meno buoni, come se lo scopo dell’esistenza fosse mangiare e bere
Da «Le cene di gala», ricettario di Salvador Dalì
Habemus Corpus Negli ultimi anni sono scomparsi il fruttivendolo, la merceria, i colorifici, molti elettricisti e calzolai, la valigeria, le cartolerie e quasi tutte le edicole, sostituite da bar e baretti, pizzerie, ristoranti più o meno buoni, come se lo scopo dell’esistenza fosse mangiare e bere
Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 novembre 2022
Quando vi arrivai, 25 anni fa, l’Isola di Milano non era alla moda, anzi. Molto popolare, con parecchi edifici bisognosi di restauro, senza negozi di lusso né vita notturna, tanti artigiani fra cui fabbri, falegnami, idraulici, elettricisti, calzolai, colorifici, il quartiere era abitato da pensionati e operai, migranti che venivano da ogni dove d’Italia e del mondo, qualche trans. C’erano pochi bar e poco accoglienti, ancor meno ristoranti, un solo parchetto, però avevamo un’edicola in ogni piazza (ben sei), asili, scuole, almeno tre cartolerie, due fruttivendoli, un mercato fisso e uno settimanale, una merceria, un negozio di borse e valigie,...