Cultura
La guerra dei linguaggi
Mappe globali L’immagine dell’Afghanistan propagandata dai media è costellata di luoghi comuni, anche quando l’argomento riguarda la produzione culturale. I finanziamenti stranieri rinforzano la visione Kabul-centrica, considerano solo le élite che parlano inglese e non lasciano margine alla creatività spontanea
«Once Upon A Time» di Shamsia Hassani
Mappe globali L’immagine dell’Afghanistan propagandata dai media è costellata di luoghi comuni, anche quando l’argomento riguarda la produzione culturale. I finanziamenti stranieri rinforzano la visione Kabul-centrica, considerano solo le élite che parlano inglese e non lasciano margine alla creatività spontanea
Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 2 ottobre 2015
A quattordici anni dall’inizio di una guerra che sembra non finire mai, le rappresentazioni dell’Afghanistan restano limitate e riduttive: le prospettive visive e narrative continuano ad essere legate a stereotipi senza tempo, che reificano immagini prefabbricate. Le donne in burqa e l’indulgere sull’idea di uno status di vittime senza speranza sono l’esempio più evidente di questa tendenza generalizzata. Riflettendo sull’immagine dell’Afghanistan che i media hanno disegnato nell’ultimo decennio appare evidente quanto poco si sia compreso delle reali dinamiche interne di questo paese e di come si sia invece preferito confermare ciò che già si sapeva, rifugiandosi spesso nei luoghi comuni....