La missione possibile di Elly Schlein
Primarie Pd Una attivista e dirigente di sinistra, una giovane femminista, una donna che ama un’altra donna. Basterebbe questa carta d’identità, per capire – e far capire – che la vittoria di […]
Primarie Pd Una attivista e dirigente di sinistra, una giovane femminista, una donna che ama un’altra donna. Basterebbe questa carta d’identità, per capire – e far capire – che la vittoria di […]
Una attivista e dirigente di sinistra, una giovane femminista, una donna che ama un’altra donna. Basterebbe questa carta d’identità, per capire – e far capire – che la vittoria di Elly Schlein alle primarie, è una mini rivoluzione per un partito tradizionalmente maschilista, liberista sul piano economico, moderato sul piano politico, tartaruga nella difesa dei diritti civili.
Ma è anche una identità sullo stomaco di tutta la politica italiana, perché non è difficile prevedere che le prime mosse della neo-segretaria della principale forza di opposizione, saranno di rottura degli schemi ai quali ci aveva abituato il partito guidato da Enrico Letta: sulla competizione con i Cinque Stelle, sul segno democratico-istituzionale, sulle picconate alle decisioni e alle proposte delle destre sui migranti, sul lavoro, sull’ambiente, sull’Europa.
Anni fa, durante l’onda di piena renziana, con la ripresa, sulle nostre pagine, del dibattito e della mobilitazione tra le minoranze, scrivemmo e titolammo “C’è vita a sinistra”, con la speranza di veder nascere un’area nuova, larga, popolare, aperta, libertaria, di rottura, socialmente e politicamente avanzata.
Purtroppo quell’idea – che prevedeva una convergenza unitaria di tutte le organizzazioni più piccole a sinistra del Pd – non si è mai realizzata. Ciascuno preferì custodire la propria organizzazione.
Oggi invece, la spiazzante affermazione di Schlein, rianima la speranza tra il popolo di sinistra, sparso tra il Pd, i 5S, Sinistra Italiana, i Verdi e le altre piccole formazioni che nell’ultimo decennio hanno tentato, invano, di affermarsi.
Elly Schlein potrebbe essere la leader di un fronte progressista ampio, in grado di rimettere in moto “macchine” ferme, arrugginite, di stimolare passioni politiche spente, di ridare fiducia ad un esercito di scontenti, di spingere i più giovani a partecipare, riattivando un popolo duramente ferito dalla vittoria elettorale delle peggiori destre dell’Italia post-bellica.
Ma per far questo – e tanto altro – Schlein dovrà niente di meno che rovesciare la piramide del Pd, le sue cristallizzate dinamiche interne, la sua stessa visione a-conflittuale del paese. E anche rompere con quella storia della sinistra, segnata da continue scissioni, rotture, divisioni. Per evitare di perpetuare la nefasta tradizione di incoronare oggi l’ex segretario di domani.
Se ci riuscirà lo vedremo presto. Perché gli ostacoli e le polemiche che hanno accompagnato le primarie, sono ben squadernate da un generale sbalordimento per l’inaspettato esito e, anche, dalla delusione di non poter parlare di un flop.
Intanto le code per votare – sostiene chi vuole sminuire il significato dell’affluenza – sarebbero in parte dovute al voto di tantissimi sostenitori di Conte contro il nemico Bonaccini. Possibile vista la mancanza di qualunque filtro, ma saremmo di fronte a comportamento autolesionista per i grillini, visto che la futura segretaria Pd toglierà terreno proprio ai 5Stelle pescando, queste due forze politiche, in uno stesso elettorato.
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Pd al bivio, dai primi dati alla vittoria di Schlein: la nostra maratona in direttaDomenica sera, durante la diretta televisiva del manifesto (un esperimento che è piaciuto e riuscito, pur tra mille difficoltà tecniche, e che ci proponiamo di ripetere presto), uno dei nostri interlocutori, Domenico De Masi, spiegava bene che Pd e M5S finora ricevevano il grosso dei voti da due mondi diversi: uno “borghese” e uno più “proletario”.
La redazione consiglia:
De Masi: «Elly alla prova del comando. Rischio concorrenza coi 5 Stelle»Forse d’ora in poi non sarà più così. Anzi, il Partito democratico potrà solo trarre vantaggio dalla nuova situazione se ricostruirà una identità socialista e ecologista seppellendo decenni di ubriacatura neoliberista.
Preoccupandosi di rappresentare e di mobilitare le piazze sui diritti degli italiani meno garantiti, meno protetti, precari, senza diritti, quell’esercito di milioni di persone che nessuno rappresenta, neanche dal punto di vista sindacale. E naturalmente quella galassia ambientalista tanto ricca e presente nella società quanto risicata nelle istituzioni.
Resta comunque il rischio di una scissione? Possibile, ma improbabile. E semmai di altro segno: verso destra.
A Renzi e Calenda la vittoria della Schlein sembra non dispiacere. I due paiono convinti che un pezzo del loro ex partito, si staccherà. D’altra parte è vero che, dopo la sconfitta di Bonaccini, tra le attuali correnti, una è fortemente legata al passato renziano. Per evitarlo, la futura leader dovrà mostrarsi capace di aggregare, di tenere insieme persone che, oltre ad avere orientamenti diversi (certo non una novità anche ripensando alla convivenza nel Pci di aree culturali molto distanti), tra di loro mal si sopportano.
Chi deve preoccuparsi davvero sono le destre al governo, di ogni ordine e grado. Intanto una premier che preferisce essere nominata al maschile (“il” presidente del consiglio), non fa una bella figura di fronte ad una donna che difende l’importanza della identità di genere e del mondo Lgbt (pensate a La Russa che si è dichiarato “dispiaciuto” se avesse avuto un figlio omosessuale: la vittoria di Schlein sarà andata di traverso a lui e larga parte della destra).
Ma è sul piano politico che questo governo reazionario e fascistoide dovrà preoccuparsi. Perché la nuova leadership del Pd proverà a mettere in campo una opposizione marcata, senza concessioni.
In sostanza si tratterà di dare verità e credibilità al cambiamento, parola che, come tante buone intenzioni, ha spesso lastricato la via della disillusione, ma che se davvero porterà con sé novità positive, tornerà a convincere e a coinvolgere.
Rimettere in cammino forze sparse, divise, deluse, non sarà una passeggiata. Come abbiamo visto anche alle ultime regionali in Lombardia e nel Lazio, il distacco dalla politica è abissale.
Il voto delle primarie, con tutti i limiti e le contraddizioni (la più vistosa: ribaltare il voto dei 150mila iscritti) rappresenta indubbiamente una scossa forte per i progressisti, per i democratici, per la sinistra. Tuttavia l’impresa – rimettere sulla giusta rotta un popolo sbandato e disperso – è molto complicata.
E non sarà una donna sola al comando a poterla compiere.
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