Editoriale

La nostra storia

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Valentino Parlato 1931-2017 Come Pintor, Rossanda e Castellina, Valentino era un comunista. Profondamente, coerentemente, con i dubbi e le contraddizioni di un intellettuale libero. Semmai l’eresia è stata ed è appannaggio di chi, negli anni, ha persino cancellato la parola dai simboli e dalle bandiere. Fare il giornale gli piaceva, nessuno era troppo lontano per essere intervistato, nessuno troppo vicino per essere criticato

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 3 maggio 2017

Valentino Parlato se ne è andato, improvvisamente. Per me, per noi, con lui se ne va un intellettuale di rango, un giornalista brillante, un padre fraterno, un uomo gentile, un rompiscatole divertente, un comunista di quella specie rara che rifugge la retorica dei luoghi comuni, le trappole dell’ideologia.

Valentino ha sempre preferito di gran lunga l’analisi disincantata della realtà. E, qualità che lo rendeva caro e vicino, Valentino c’era sempre, con la telefonata, con le chiacchiere al bar. Anche quando non era d’accordo, naturalmente.

Quando ho saputo della sua scomparsa la prima reazione è stata la sorpresa, la seconda il dolore. Valentino, nonostante gli acciacchi, portava con determinazione i suoi anni, senza scoraggiarsi di fronte ai malanni. Desiderava sentirsi impegnato nell’esprimere le sue idee, la sua visione del mondo.

Poi il dolore. Come avviene quando se ne va, soprattutto se improvvisamente, una persona cara alla quale sei legato da più di una vita.

Valentino è stato il mio direttore per parecchi anni e poi un compagno, fino a ieri, nella lunga e travagliata esperienza politica del manifesto. Ho avuto la fortuna di condividere per qualche tempo la stessa stanza in via Tomacelli e di soffrire per la finestra aperta d’inverno per le sue cento sigarette. Se eravamo a corto di pubblicità (cioè sempre) capitava di andarla a chiedere insieme.

Fare il giornale gli piaceva, nessuno era troppo lontano per essere intervistato, nessuno troppo vicino per essere criticato.

Il suo non essere ideologico non era semplicemente un tratto del carattere, ma un connotato fortemente politico. Sempre capace di smussare gli angoli, sempre intenzionato a non esasperare le tensioni, privilegiava le aperture. E sapeva essere pragmatico, anche per formazione culturale perché da esperto di economia era in grado di interpretare e spiegare i fondamentali. Necessari più che mai in questo «cambio d’epoca», come abbiamo titolato il suo ultimo articolo.

Quando lo scorso anno dichiarò di aver votato la pentastellata Raggi a sindaca di Roma dimostrò appunto una grande elasticità mentale, accompagnata da una forte critica alla “sinistra” storica (se vogliamo ancora definire sinistra il Pd). Per un protagonista delle lotte politiche della sinistra italiana degli ultimi 50 anni, è stata una scelta di grandissima rottura con il passato, quasi un “colpo di scena”. Eppure quella decisione, nell’ottica e nella logica di Valentino, rappresentava il meno peggio.

I tanti che oggi ne parlano come di un “eretico”, beh, mi danno l’impressione di rifugiarsi in una definizione di comodo. Come Pintor, Rossanda e Castellina, Valentino era un comunista. Profondamente, coerentemente, con i dubbi e le contraddizioni di un intellettuale libero.

Semmai l’eresia è stata ed è appannaggio di chi, negli anni, ha persino cancellato la parola dai simboli e dalle bandiere.

E’ stato un uomo al quale in tanti hanno voluto bene, e lui sapeva farsi voler bene. E’ stato un amico perfino nei momenti difficili che hanno determinato una traumatica separazione all’interno dello storico collettivo del giornale. La sua lontananza definitiva dalla vita lascia un vuoto per tutte queste cose.

Negli ultimi tempi veniva di rado in redazione, tuttavia il suo contatto con il giornale è stato frequente. Tranne il periodo in cui si determinò la spaccatura tra l’attuale redazione e una parte del gruppo fondatore. Eppure anche durante questa dolorosa e difficile fase del manifesto, lui in qualche modo cercava di tenere aperti i collegamenti.

Valentino sentiva la nostra mancanza e noi sentivamo la sua. E questo reciproco sentimento ci aiutò ad abbattere il muro delle incomprensioni, riportandolo poi a commentare la politica italiana e internazionale sulle pagine del nostro giornale. Fino a pochi giorni fa, l’ultima telefonata, quando, preso da altri impegni, non era riuscito a scrivere l’articolo per il 25 aprile.

Alla sua compagna Maria Delfina Bonada e ai figli, Enrico, Matteo e Valentina mancherà una persona profondamente cara. E a loro va l’abbraccio del manifesto. Ci mancheranno i suoi suggerimenti, mossi sempre dalla trasparenza, dalla franchezza di una persona dolce e gentile.

Ciao, caro Vale.

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