Editoriale

La ripresa possibile in quattro mosse

La ripresa possibile in quattro mosseIl ministro dell'Economia Pietro Carlo Padoan – LaPresse

Commento Se l’ignavia dei produttori dovesse persistere nemmeno la politica economica migliore potrà sciogliere i nodi che minano il benessere dei cittadini, in specie dei lavoratori e dei meno abbienti. Ma il governo Renzi, in carica da due anni e mezzo, ha preso misure dimostratesi inefficaci, se non controproducenti

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 17 agosto 2016

L’Italia economica patisce da lustri carenze tanto di domanda quanto d’offerta. L’ultimo dato del Pil, fermo nel secondo trimestre del 2016, ne è l’ennesima conferma. Consumi e investimenti privati, ma anche produttività, languono.

Con insufficienti eccezioni, le imprese non innovano, non accumulano capitali incorporanti progresso tecnico. Assumono qualcuno, non per produrre di più, ma per lucrare i sussidi statali, così abbattendo la produttività del lavoro insieme con quella del capitale.

Se l’ignavia dei produttori dovesse persistere nemmeno la politica economica migliore potrà sciogliere i nodi che minano il benessere dei cittadini, in specie dei lavoratori e dei meno abbienti. Ma il governo Renzi, in carica da due anni e mezzo, ha preso misure dimostratesi inefficaci, se non controproducenti (come i trasferimenti alle imprese, che alimentano l’attesa di profitti privatizzati e di inefficienze e perdite scaricate sui contribuenti).

Fino a ieri il governo ha scelto di non seguire le quattro linee d’azione da tempo suggerite dai migliori economisti (fra cui amici de il manifesto come Alberto Burgio, Pierluigi Ciocca, Giorgio Lunghini), che provo a riassumere:

  • Investire il danaro pubblico in infrastrutture utili ai cittadini (messa in sicurezza del territorio) e a un tempo capaci di sostenere sia la domanda globale sia la produttività del sistema. Se il punto di Pil dissipato in trasferimenti a imprese e famiglie fosse stato così investito, l’economia sarebbe, se non in crescita, in ripresa (2% l’anno?) e lo stesso disavanzo pubblico sarebbe minore rispetto al Pil.
  • Imporre la concorrenza, chiarendo in via definitiva alle imprese italiane che il profitto va ricercato attraverso efficienza e innovazione, invece di scaturire da sussidi statali, da posizioni di rendita, dal taglio dei salari consentito dalla contrattazione aziendale.
  • Riformare con urgenza e in modo organico, secondo una sinergica visione d’assieme, l’ordinamento giuridico dell’economia, segnatamente nel diritto societario, fallimentare, processuale, dei contratti pubblici di appalto e fornitura. Ne dipendono punti di Pil.
  • Correggere una distribuzione dei redditi fra le più sperequate nel novero dei paesi industriali, a cominciare da una vera lotta all’evasione fiscale e contributiva.

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