Editoriale

La violenta eredità di Sharon

Israele-Palestina La sua ascesa politica ha alimentato le pulsioni più violente all’interno della società israeliana e dell’esercito. Per i palestinesi vittime dei suoi crimini un pessimo e indimenticabile ricordo

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 14 gennaio 2014

Dopo otto anni di agonia e una intera vita da criminale persecutore, è morto Ariel Sharon. Ora è in buona compagnia di coloro che lo hanno preceduto e hanno segnato irreversibilmente la storia e la vita delle donne e degli uomini in Medio Oriente. La stessa idea di negare l’esistenza di un popolo e disconoscere i suoi diritti naturali e politici, per insediare al suo posto un altro popolo, è una idea gestante di razzismo e di pulizia etnica. Lui insieme ad altri fondatori dello stato d’Israele sono stati convinti artefici e fedeli prosecutori di questa idea.

Oggi, purtroppo, le loro idee riduttive dello stato nazionale, del diritto e la loro cultura hanno fatto scuola in tutta le regione, fino a godere di una egemonia schiacciante. Sono scomparsi, ma lasciano un’eredità ingestibile che promette solo nuove guerre, annichilimento, nuove pulizie etniche e sempre maggiori frammentazioni.

La macabra passeggiata fatta da Sharon insieme ai falangisti libanesi nei vicoli di Sabra e Shatila, lo stretto coordinamento tra servizi segreti israeliani e sauditi per la gestioni dei gruppi fondamentalisti nella guerra di smembramento della Siria e dell’Iraq chiarisce quello che intendo dire.

Lo stesso fatto che molti, all’interno del popolo israeliano, lo considerino come un eroe nazionale, mette in evidenza il degrado umano e culturale nel quale, lui e quelli come lui hanno trascinato la loro gente. È ancora più scandaloso che a distanza di migliaia di chilometri dal lacerante conflitto, autorevoli giornali italiani abbiano presentato Sharon come uomo di pace, per via del ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza. Arrivare a tanto è una offesa all’intelligenza e al buon senso.

Il ritiro unilaterale da Gaza per Sharon rappresentava una scorciatoia per evitare una trattativa diretta con l’Autorità nazionale palestinese sul ritiro da tutti i territori occupati previsto nell’ambito del processo di pace. Con quella iniziativa Sharon cercava di far scivolare in secondo piano la colonizzazione strisciante di ampie zone della Cisgiordania e l’annessione definitiva di Gerusalemme.

Gaza, con la sua più alta concentrazione demografica del mondo, a causa della pulizia etnica compiuta nel 1948, che aveva triplicato il numero dei suoi abitanti, non offre nessun vantaggio a chi la occupa, ma pone solo gravi problemi da gestire, in modo particolare alla occupazione israeliana, per la tenace resistenza dei suoi abitanti. Sharon in quanto ex comandante militare del distretto meridionale che comprendeva Gaza, conosceva bene questo fardello e voleva liberarsene al più presto.

Sharon è scomparso, ma rimangono intatti tutti i problemi che la sua vicenda politica ha determinato. Come il muro di separazione che pretende di disegnare in modo arbitrario i confini di Israele in netta violazione delle regole del diritto internazionale; come la colonizzazione selvaggia dei territori palestinesi mediante la confisca di vaste zone, che frantumando il territorio ha reso impossibile anche una possibilità teorica per la costruzione di uno stato palestinese e di conseguenza la pace. Lo stesso si può dire anche per la questione drammatica dell’acqua e l’annessione delle falde acquifere palestinesi da parte di Israele, e non ultima la sua responsabilità personale e diretta per l’uccisione di Arafat, che prima o poi verrà a galla in modo inequivocabile.

L’ascesa politica di Sharon da una parte è stata uno dei risultati della crescita di una destra ultrareligiosa e fascista nella società israeliana, dall’altra parte ha alimentato tutte le tendenze più aggressive e violente in quella società e dentro il suo esercito, che spesso sfuggono a qualsiasi tentativo di controllo, come dimostrano le aggressioni quotidiane dei coloni armati contro la popolazione palestinese e l’infiltrazione da parte dell’estrema destra dei comandi più alti della gerarchia militare.

I giornalisti italiani che hanno omaggiato le intenzioni pacifiste di Sharon, sono stati distratti e hanno dimenticato la campagna di odio che Sharon aveva lanciato contro Rabin per aver firmato l’accordo di pace con Arafat. Molti in Israele ritengono che tale campagna fu la vera causa dell’assassinio di Rabin.

Sharon se ne è andato. In noi e in molti altri nella regione, vittime dei suoi atti criminali, ha lasciato un pessimo e indimenticabile ricordo. Ai palestinesi, agli israeliani e agli altri popoli della regione, ha lasciato una quantità enorme di problemi che richiederanno molto tempo per poter essere risolti.

 

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