Alias Domenica
La visione periferica di Marina Ballo Charmet
Un'intervista alla fotografa milanese, in mostra al MAGA di Gallarate Un catalogo di «cose» indefinibili, anodine, riprese spesso in primissimo piano e non a fuoco: «Mi interessa il momento in cui il controllo dell’occhio si allenta: la "visione periferica", per citare un autore a me caro, Anton Ehrenzweig»
Marina Ballo Charmet, da "Primo campo", "Senza titolo # 4", 2001
Un'intervista alla fotografa milanese, in mostra al MAGA di Gallarate Un catalogo di «cose» indefinibili, anodine, riprese spesso in primissimo piano e non a fuoco: «Mi interessa il momento in cui il controllo dell’occhio si allenta: la "visione periferica", per citare un autore a me caro, Anton Ehrenzweig»
Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 9 dicembre 2018
Stefano ChiodiGALLARATE (MILANO)
Nell’affollato panorama della fotografia contemporanea il lavoro di Marina Ballo Charmet appare come una singolarità. Le sue immagini ritraggono ciò che rimane sulla soglia della percezione, quello spazio intermedio dove affiorano «il rumore di fondo della mente», la latenza, la multivocità dell’esperienza quotidiana, e sottolineano al tempo stesso quanto nel visibile vi è di incerto, di alieno: la sua qualità perturbante. Nata a Milano nel 1952, attiva da più di tre decenni, Ballo Charmet fissa sulla pellicola 35mm spazi anonimi – interni di abitazioni, strade, la città costruita, scarni scenari naturali –, nei quali la sua fotografia sembra esporsi intenzionalmente...