Editoriale

Larga intesa a sinistra

Le convulsioni impaurite e aggressive di Berlusconi e l’ascesa impetuosa e prepotente di Renzi segnano nel profondo questo momento di grande turbolenza della politica italiana. Il paese, o la politica […]

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 8 settembre 2013

Le convulsioni impaurite e aggressive di Berlusconi e l’ascesa impetuosa e prepotente di Renzi segnano nel profondo questo momento di grande turbolenza della politica italiana. Il paese, o la politica dei palazzi, è sottoposto ad una doppia scossa che rimodellerà gli equilibri del sistema, coinvolgendo, con un effetto domino, tutti i soggetti in campo.
Come la fine di Berlusconi – a prescindere dal voto per la decadenza, dalla grazia, dai ricorsi alla Consulta, lui è al capolinea – terremota il partito proprietario del capo carismatico, così la prossima quasi certa incoronazione congressuale di Renzi, un’inedita figura di sindaco-segretario, chiude la parabola del Pd, completandone la mutazione con una maggioranza neo democristiana e una minoranza socialdemocratica. È perfino svanita l’illusione di una spaccatura tra le due componenti. Non bastasse, stiamo assistendo ad uno spettacolo poco decoroso di ex leader che si accalcano e si spintonano (anche se con qualche distinguo) per salire sul carro del vincitore. Solo alcune autorevoli voci, Bersani, D’Alema, Cofferati e Cuperlo, l’unico antagonista sceso in campo, si mettono fuori dal coro.
In questa situazione, inedita, non è difficile immaginare che la distanza tra un partito democratico renziano, e la sinistra politica, culturale, sociale, si allargherà. Pensare Renzi come interlocutore dei movimenti per i beni comuni, dei No-Tav dell’acqua pubblica, della difesa della Costituzione, del reddito minimo, di una linea di confronto che ascolti le ragioni della Fiom piuttosto che quelle di Marchionne, è assai improbabile.
Se l’analisi non è così lontana da quello che succederà nei prossimi mesi, siamo di fronte ad un’occasione importante per la larga e diffusa rete di associazioni della sinistra di opposizione. Che proprio oggi a Roma è chiamata ad un confronto di idee e di prospettive. I nomi in campo raccolgono consensi larghi: Rodotà, Landini, don Ciotti, Zagrebelsky, Carlassare. Un appuntamento atteso, preceduto da incontri partecipati, come quello del 2 giugno a Bologna in difesa della Costituzione.
Seguendo da anni questa vasta area, abbiamo capito che le idee, i contenuti per battaglie politiche e sociali non mancano. Oggi però sarà interessante vedere se e in quali forme politiche si tradurranno. Ovviamente per noi del manifesto si tratta di un appuntamento al quale guardiamo con interesse perché le persone che lo promuovono sono state tra le voci critiche più importanti e intellettualmente attrezzate dell’opposizione ad un modo di vivere, di produrre e di consumare, e quindi naturalmente antiberlusconiane, senza sentirsi ossessionati dalle pagliacciate dell’uomo di Arcore.
I protagonisti dell’assemblea, insieme agli esponenti di movimenti sociali, hanno dato voce alle lotte contro le politiche che hanno sprofondato il paese nella recessione più nera e profittato scandalosamente di una crisi tanto generosa con i ricchi, quanto avara con l’esercito di precari e disoccupati. Ma finora hanno camminato in ordine sparso, mentre adesso sarebbe importante costruire una larga intesa che sia punto di riferimento per chi è impegnato nel cambiamento. A sinistra.
Come intervenire dunque sui nuovi assetti di potere che si preparano, come rispondere alla domanda di nuova rappresentanza? Non sarà solo questa assemblea a dover esaurire le risposte alla crisi della sinistra. Tuttavia sarà importante verificare quale percorso verrà tracciato. Tenendo presente che le scorciatoie partitiche andrebbero evitate e di derive identitarie non è più il tempo, resta la necessità della rappresentanza di un’area che non si ritrova né nel Pd di Renzi, né nel movimento di Grillo.
Resta l’incognita di Sel e di Vendola e di cosa faranno “da grandi”. Nella nuova partita che si gioca a sinistra del Pd avrebbero ancora qualche carta da giocare. A meno che non vogliano custodire gelosamente l’orticello del tre per cento conquistato alle ultime elezioni.

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