Visioni
L’astuta commozione dell’infanzia
Al cinema «Cafarnao», l’opera terza di Nadine Labaki è un on the road nella Beirut dei profughi siriani senza nome. La regista libanese costruisce la sua messinscena su un’emozione ricattatoria che nasconde la realtà
Al cinema «Cafarnao», l’opera terza di Nadine Labaki è un on the road nella Beirut dei profughi siriani senza nome. La regista libanese costruisce la sua messinscena su un’emozione ricattatoria che nasconde la realtà
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 18 aprile 2019
Nelle nostre sale è ormai da un settimana – ne avevamo parlato dallo scorso Festival di Cannes dove era in concorso – ma quello che sorprende è l’enfasi di giudizio che vi si è scatenata intorno: si ama o si odia, critici, cinefili, spettatori, commenti più o meno lunghi sui social oscillano tutti tra questi due poli nettamente contrapposti. È stato così sin dalla prima proiezione sulla Croisette col pubblico che si è spellato le mani felice di commuoversi nelle poltrone rosse del Palais mentre Nadine Labaki saliva sul palco insieme al piccolo protagonista, Zain al-Rafeea, «vero» profugo siriano la...