Le «quasi certezze» dei droni di Obama
La «quasi certezza» di morire. Questa la sorte anche di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano ucciso nelle zone tribali del Pakistan da un drone Usa, il 15 gennaio, più […]
La «quasi certezza» di morire. Questa la sorte anche di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano ucciso nelle zone tribali del Pakistan da un drone Usa, il 15 gennaio, più […]
La «quasi certezza» di morire. Questa la sorte anche di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano ucciso nelle zone tribali del Pakistan da un drone Usa, il 15 gennaio, più di tre mesi fa!
Sulla «quasi certezza» dell’obiettivo da colpire si basa infatti l’uso dei droni nella campagna anti-terrorismo americana. Questi micidiali velivoli, guidati a chilometri di distanza, non mettono a repentaglio la vita di chi attacca. Proprio questo ne ha favorito un uso massiccio e spregiudicato. Per quanto riguarda gli obiettivi colpiti invece nessuna possibilità di sopravvivere, nessun terrorista o presunto tale viene più catturato vivo.
E la «quasi certezza» in mancanza di un’intelligence in grado di valutare attentamente la situazione sul territorio diventa spesso approssimativa.
Se non si rischia con i droni perché si dovrebbe rischiare la vita di agenti in zone pericolose? Meglio affidarsi a informatori locali che spesso guidano i «piloti» dei droni in base ai loro interessi economici o tribali.
Gli «effetti collaterali» sono incalcolabili, ma non ci sono numeri per i non occidentali.
Si sa che i droni hanno colpito 8 americani dal 2002 in Pakistan e Yemen ma solo uno era nel mirino. L’uso dei droni sta scatenando una forte polemica negli Usa, ma l’Italia – quella di governo – sembra aver accettato senza colpo ferire la nuova vittima italiana del «fuoco amico» americano.
E anzi propone l’uso dei droni – di cui non dispone perché servirebbero armati – per affondare i barconi dei migranti.
Renzi ha apprezzato la trasparenza di Obama che ha ammesso pubblicamente l’errore – quando è stato ucciso Calipari, 10 anni fa, Bush si è limitato a una telefonata a Berlusconi – ma nega di essere stato informato una settimana fa quando era negli Usa.
Il compound nelle zone tribali pakistane è stato colpito a gennaio, ma il nostro ministro degli esteri e persino il presidente della repubblica hanno continuato a dare rassicurazioni sull’impegno a liberare Giovanni. Sarebbe ridicolo se non fosse macabro.
Il ministro Gentiloni riferendo sul caso Lo Porto ieri in un Parlamento deserto – altra vergogna – ha assicurato che sarà fatta chiarezza sul caso.
Quale chiarezza? La stessa che è stata fatta sul caso Calipari, quando l’Italia abdicando alla propria giurisdizione necessaria per processare Lozano ha rinunciato anche alla propria sovranità? Obama ha già detto che alcune notizie resteranno segrete e come sempre l’Italia si piegherà alla ragion di stato.
L’Italia troverà il modo di onorare Giovanni, ha detto ancora Gentiloni, lo speriamo perché se lo meritava, era una di quelle persone di cui l’Italia dovrebbe andare fiera, ma ne dubitiamo fortemente: Calipari, celebrato come un eroe quando è tornato in una bara, dopo l’insabbiamento del caso è stato dimenticato.
L’Italia disponeva di una rete di intelligence preparata e con grandi conoscenze del Medio oriente che è servita a salvare diversi ostaggi.
Speriamo che questa rete esista ancora e che operi senza delegare agli Stati uniti la liberazione degli ostaggi, perché sono morti tutti.
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