Della confusione nel PD in seguito alla ultima botta mi ha colpito un punto: la polemica sui candidati alle comunali, in gran parte perdenti.
“Erano candidati della gestione Letta, non li ha scelti Schlein” è la linea di chi difende la gestione attuale.
Ne consegue che il verticismo, la gestione anche dei territori dal centro e dall’alto è ancora disgraziatamente in auge.
Quindi non solo il/la segretario/a, presumibilmente, continuerà a scegliersi i candidati alle elezioni maggiori (europee e poi prossime politiche) in base soprattutto alla loro fedeltà; ma questa aberrazione discende per lì rami anche nei territori, ed il centro decide e deciderà anche per le periferie.
Non dal basso verso l’alto: i candidati a quanto pare non sono frutto di elaborazione e scelta di militanti e iscritti dei luoghi; ma, come da vizio consolidato, calati dall’alto secondo logiche “aliene”.
Lo so, qualcuno mi ricorderà il “centralismo democratico” del PCI; e qualcun altro le malefatte di boss locali che hanno ridotto il PD in un aggregato di feudi politici.
Eppure sono convinto che l’astensione dal voto, così perniciosa per le sinistre, si potrà sanare solo ribaltando la logica attuale della politica di partito: più partecipazione diffusa e potere dal basso, meno leaderismo ed arroganza ai vertici, nazionali regionali ed anche comunali (il sindaco-sceriffo non mi piace proprio).