Alias Domenica
Leo Spitzer, detective sul fronte dell’appetito
Grandi linguisti Sgramaticata e geniale, la lingua che i prigionieri italiani della Grande guerra inventano per mascherare la durezza del bisogno: «Perifrasi del concetto di fame», dal Saggiatore
Milovice, campo di prigionia durante la prima guerra mondiale
Grandi linguisti Sgramaticata e geniale, la lingua che i prigionieri italiani della Grande guerra inventano per mascherare la durezza del bisogno: «Perifrasi del concetto di fame», dal Saggiatore
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 12 maggio 2019
Non potevano protestare: «Ho fame!». Impensabile, poi, scriverlo a casa: lo proibivano, censuravano, occhiuti, le lettere, per timore dello scandalo umanitario. La fame dovevano subirla in silenzio, e inventare giri di parole quando riportavano il loro dolore, la bramosia di cibo sulle righe di un foglio di carta macchiato dal fango, nel campo di prigionia. Il governo austriaco non voleva si sapesse che i suoi prigionieri di guerra languivano per la denutrizione, e le loro pance gridavano, mentre i loro cervelli in silenzio arzigogolavano intorno alle perifrasi per poter nascostamente comunicare ai cari rimasti in patria le richieste d’aiuto, nell’oltraggio...