Editoriale

L’esodo e le guerre

Iraq-Siria La Francia ha chiesto la convocazione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. E ieri sera fonti vicine all’Amministrazione Usa non escludevano la possibilità di raid aerei americani. Un’altra guerra? L’unico preoccupato seriamente sembra il papa e non a caso

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 agosto 2014

Il califfato proclamato dai qaedisti dello Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isil) si sta allargando provocando l’esodo di 100.000 cristiani terrorizzati verso il Kurdistan.

I combattenti kurdi (peshmerga), che finora avevano tenuto testa ai jihadisti, alla fine hanno dovuto cedere il controllo di Qaraqosh, la capitale cristiana, a circa trenta chilometri a sud di Mosul nella provincia di Ninive.

Il completamento del controllo di questa provincia (al confine con la Siria, dove ormai non esistono più frontiere) e soprattutto della diga strategica di Mosul sul Tigri (non confermata) rappresentano indubbiamente un successo per i sostenitori del califfato e una tragedia per l’Iraq e soprattutto per le minoranze minacciate e messe in fuga.

Il più grande esodo di cristiani – l’Iraq è sede di una delle comunità cristiane più antiche, i caldei – dopo l’occupazione da parte degli Stati uniti. Erano 1,5 milioni nel 2003 ora ne sono rimasti circa 400.000, rifugiati nella provincia di Ninive loro base storica e a Kirkuk, oltre che in Kurdistan.

Di guerra in guerra, la nuova colonna di profughi è diretta verso Erbil che ormai è sovraffollata di sventurati in fuga dal centro dell’Iraq.

50.000 yazidi fuggiti da Sinjar (al confine con la Siria) sono intrappolati sulle montagne senza cibo, acqua e beni di prima necessità.

Se al nord l’Isil avanza conquistando città, a Baghdad – dove non ha osato avventurarsi, visto che la maggior parte degli abitanti sono ormai sciiti e l’esercito di al Maliki che si è ritirato dalle zone sunnite avrebbe potuto bloccarli – sono entrati in azione i kamikaze.

Ovunque arriva l’Isil impone la sua legge islamica con il terrore – sia in Iraq che in Siria, dove si estende il califfato – non escludendo il rapimento di donne, considerate bottino di guerra. Non importa se musulmane, le donne siriane del Kurdistan sono state dichiarare «halal» (lecite secondo i principi dell’islam). In questa situazione particolarmente preoccupante che lega le sorti di Iraq e Siria, c’è la sparizione di due cooperanti italiane da Aleppo, anche se non sappiamo che cosa sia successo e speriamo fortemente che non siano finite nelle mani dei jihadisti.

La Francia ha chiesto la convocazione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. E ieri sera fonti vicine all’Amministrazione Usa non escludevano la possibilità di raid aerei americani. Un’altra guerra? L’unico preoccupato seriamente sembra il papa e non a caso. Si assiste all’eliminazione dei cristiani dall’Iraq, una perdita enorme anche per il paese dove hanno vissuto per secoli contribuendo alla sua ricchezza culturale e religiosa. E il resto del mondo? Tace perché ha perso ogni interlocutore sia in Iraq che in Siria. E non avendo qualcuno che possa difendere gli interessi dell’occidente e dopo il disastro (soprattutto per gli iracheni) provocato dall’invasione militare e dalla guerra feroce del 2003 che hanno scompaginato gli equilibri iracheni tra sunniti e sciiti, meglio non immischiarsi con una iniziativa della diplomazia internazionale e dell’Onu e lasciare che la tragedia si compia. Ma quel che chiamiamo terrorismo non ha ormai confini, come ha già dimostrato e l’occidente non è immune.

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