Lettere

A scuola la Dad/Did non è la soluzione ma è parte del problema

Lettere La lettera di Collettivo Ninand, Castelliascuola, Cattive Ragazze

Pubblicato quasi 4 anni fa
A scuola al tempi del Covid, @LaPresse

 

È impossibile non osservare che le decisioni che attualmente vengono prese in merito alla problematica della Scuola in generale, alla sua riapertura, alla sua organizzazione, come peraltro denunciato da molte posizioni provenienti in questo periodo dall’interno del mondo scolastico, siano imposte dall’alto, rispondono a logiche autoritarie e burocratiche.

Le valutazioni e le decisioni in materia sono state affidate ai prefetti e le disposizioni sono state emanate dal Ministero dell’Interno, a testimonianza di come la problematica-Scuola stia scivolando sempre più verso una gestione di tipo securitario e di controllo. Ne è un esempio la visibilità che sta assumendo l’ANP (associazione nazionale dei presidi), artefici della perdita di potere degli organi collegiali a cui si vogliono sostituire e si stanno sostituendo.

La distanza, l’ignoranza e l’estraneità dalle dinamiche scolastiche, nonché la sordità di ministri e presidenti di Regione rispetto ai reali bisogni di chi vive la scuola, sono visibili nelle contraddittorie e altalenanti scelte effettuate, nella continua messa in discussione dei provvedimenti presi solo alcuni giorni prima, ai quali studenti, insegnanti e famiglie si sono dovuti adattare nel giro – spesso – di poche ore. DAD/DDI al 25%- 50%-75%; entrate ogni 20 minuti, poi alle 8 e alle 10; trasporti all’80%, al 50%; ore da 60-50-45 minuti; strategie didattiche e orari di lavoro/studio quotidianamente rimodulati; decisioni ministeriali, anzi regionali, anzi comunali, anzi…

Ogni famiglia faccia come crede e può….

È evidente che stanno dando i numeri, incuranti del malessere espresso dalle voci di studenti e studentesse, degli insegnanti e della comunità scolastica nel suo insieme, che vive sulla propria pelle le contraddizioni del momento. Hanno, però, ben chiaro l’obiettivo di distruggere la scuola pubblica: non a caso in questo caos senza precedenti, in questa logica del navigare a vista al fine di destrutturare qualsiasi certezza e ogni diritto, le uniche cose che si preoccupano di mantenere in piedi sono l’INVALSI (standardizzazione delle conoscenze) e i PCTO (alternanza scuola lavoro), due pilastri centrali del “nuovo” paradigma della scuola-azienda, che sottraggono tempo ed energie alla vera formazione. Neanche la soppressione del voto numerico (alla primaria) ha fornito alla commissione cultura, al CNPI (Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione) – che ha dato parere favorevole alle Linee Guida sui giudizi –, alle OOSS anche di base, all’MCE, l’occasione per la richiesta di moratoria ai test, di ripensamento di tutto il SNV (Sistema Nazionale di Valutazione).

La scuola è luogo privilegiato e momento imprescindibile della formazione culturale e umana delle persone, che si realizza attraverso un sistema di infinite e “invisibili” relazioni, a volte anche “dissonanti”, nelle quali si tessono e si rielaborano le conoscenze, le emozioni e si definisce la complessità della propria personalità in modo autonomo, creativo e critico. Il processo formativo e di crescita culturale non è un fatto esclusivamente individuale, un “capitale” da spendere e far fruttare in una logica competitiva, ma si costruisce, matura e si consolida in relazioni quotidiane, umane e concrete con gli altri nel contesto scolastico.

La didattica a distanza mediata da uno schermo non può essere considerata “scuola”. La sua normalizzazione si configura come un altro pilastro di questo processo distruttivo.

Il tentativo di digitalizzare la didattica, grazie soprattutto alla crescente diffusione di prodotti “culturali” multimediali, porta alla trasmissione di conoscenze preconfezionate e standardizzate, che prescindono dal contesto sociale, culturale, emotivo della classe, contrariamente a quanto affermato dal marketing commerciale che presenta queste soluzioni come opportunità innovative, personalizzate e interattive. La stessa valutazione, momento fondante e complesso del processo formativo, nell’ambito della didattica digitale si riduce esclusivamente ad una logica nozionistica, penalizza la dimensione riflessiva, non valuta le capacità espressive e critiche: registra solo il risultato e non il processo, peraltro con una buona dose di aleatorietà.

La didattica a distanza mette in crisi la struttura stessa della scuola e delle sue relazioni, separa gli umani fra loro e dai legami che danno senso alla vita. Le attuali scelte politiche stanno sospendendo alle nuove generazioni il diritto di vivere la propria infanzia e adolescenza: si diventerà adulti senza essere mai stati giovani, con conseguenze negative a tutti i livelli (culturale, emozionale, relazionale, psicologico, …). Questi effetti impatteranno sul piano individuale e sociale ben oltre la sopravvivenza del/dei virus, determinando un nuovo assetto antropologico.

Il rientro a scuola è dunque una priorità indiscutibile: il diritto allo studio è diritto alla vita e alla partecipazione.

Tutto il non fatto del governo (eliminazione delle classi pollaio, aumento degli organici, manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture scolastiche, potenziamento dei trasporti, investimento nei presidi sanitari territoriali) non poteva che amplificare drammaticamente il caos e il disorientamento relativi alla riapertura e all’organizzazione delle scuole, inducendo in una parte degli insegnanti scoraggiamento e difficoltà di intravedere la possibilità di rivendicare la scuola in presenza.

In questa situazione, risulta improcastinabile una presenza degli studenti e studentesse a scuola, seppur con il rischio di eventuali interruzioni, rispetto ad una “continuità” dell’assenza, garantita dalla didattica a distanza. L’accettazione della DAD/DDI, così come dell’ineluttabilità di INVALSI e PCTO, stravolge il ruolo della scuola, mortifica le opportunità formative di studenti e studentesse, in prospettiva rende superflua la figura stessa del docente.

Conoscenze, esperienze, sensibilità e creatività degli insegnanti, una volta sussunte nelle macchine grazie alla possibilità di accesso e di archiviazione di Google e delle piattaforme proprietarie, saranno più efficacemente erogate agli “utenti” finali dai server piuttosto che da esseri umani.

Il processo di digitalizzazione allude infatti ad uno scenario in cui la didattica a distanza non sarà più l’eccezione cui ricorrere in casi estremi, ma sarà integrata come modalità ordinaria e prevalente, se non esclusiva. Poco contano le parole rassicuranti di ministri, esperti e dirigenti, molto più eloquenti sono i fatti: la maggior parte dei fondi europei e statali riservati alla scuola è finalizzata proprio alla sua digitalizzazione, così come per la sanità, altro settore strategico a livello sociale. Si riservano solo briciole alle enormi necessità a livello strutturale, di personale, di necessità basilari e si investono invece montagne di risorse in beni e servizi destinati ad arricchire ulteriormente le imprese del Big Tech (GAFAM).

Non possiamo farci trascinare sul terreno di dover scegliere quale toppa o aggiustamento porre ad una situazione che va modificata radicalmente e in termini generali. Ci impongono settimanalmente nuove contingenze da affrontare, per costringerci a rimuovere, ignorare, “disvedere” quella che è la realtà, oltre la sua narrazione ufficiale.

Il rischio zero non esiste; la lontananza e la paura non sono la soluzione, l’isolamento dal mondo non protegge dai pericoli ma legittima l’indifferenza. La soluzione per la scuola va ricercata in tutte quelle cose semplici, razionali, che si sarebbero potute attuare in questi mesi e che invece sono state assolutamente evitate. Era evidente già da prima, che classi meno numerose, un maggior numero di docenti, una maggior partecipazione democratica alle scelte, il miglioramento delle strutture scolastiche e degli spazi didattici costituiscono le basi minime di partenza per poter ripensare ad una scuola più umana, più rispondente alle necessità reali dei soggetti.

Una scuola che riabiliti una dimensione collettiva va inserita in un quadro generale di recupero delle relazioni ecologiche dell’intera società: la salute, la cura e il benessere; il rapporto con l’ambiente e con gli altri viventi; saperi diffusi e critici; la produzione, l’energia, il consumo; lo spazio urbano e le modalità di vita e di spostamento; ….

Per una scuola che riabiliti una dimensione collettiva la presenza è imprescindibile e serve cominciare a mettere mano a provvedimenti immediati: urgente e adeguato potenziamento del trasporto pubblico locale e avvio di una nuova politica della mobilità incentivando percorsi pedonali e ciclabili (soluzioni salutari per le persone, a impatto zero sull’ambiente e costi contenuti); rendere fruibili da subito tutti gli spazi utilizzabili per una didattica in presenza al 100%; un immediato decreto per diminuire significativamente il parametro del numero di alunni per la formazione di tutte le classi; assunzione massiccia di personale scolastico da stabilizzare nei prossimi mesi.

Dobbiamo dire con chiarezza che non esistono più alibi.