Lettere

Al liceo del Vomero le 4 giornate «di troppo»

Lettere C’è una «i» di troppo. In fondo è solo una «i», si obietterà. «I» come ignoranza o idoneità. Una abbonda, l’altra sembra proprio non esserci. Tra Anp e Anpi la […]

Pubblicato circa 8 anni fa

C’è una «i» di troppo. In fondo è solo una «i», si obietterà. «I» come ignoranza o idoneità. Una abbonda, l’altra sembra proprio non esserci.

Tra Anp e Anpi la differenza è una sola vocale. La prima sigla identifica l’ex Associazione Nazionale Presidi, ribattezzata oggi Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola. La seconda è cosa assai più seria e storicamente degna, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Così può capitare che una dirigente scolastica, dalla presunta alta professionalità della scuola, possa impedire al liceo Jacopo Sannazaro, che dirige, di celebrare le Quattro Giornate di Napoli.

La dirigente in questione ha dalla sua il non essere napoletana, è vero. Ma non può certo ignorare che il Sannazaro sia al Vomero e che proprio il Vomero, dal 27 al 30 settembre 1943, sia stato il campo di battaglia sul quale si sono fronteggiati le milizie tedesche di occupazione e l’eroico popolo partenopeo, l’unico che si sia liberato da solo dal nazi-fascismo, tanto da essere insignito di medaglia d’oro al valor militare.

Il liceo Sannazaro in quei giorni ospitò i cadaveri dei napoletani – tanti erano ragazzi – caduti da eroi.

Da allora, tutti gli anni tranne l’ultimo il liceo ha sempre commemorato quella pagina di storia. Farlo proprio lì, in uno dei più antichi e prestigiosi licei cittadini, è sempre stato il modo di testimoniare il legame di Napoli e dei napoletani vecchi e nuovi alla democrazia e all’indipendenza da qualsivoglia totalitarismo e autoritarismo.

Espropriare l’orgoglio da quel liceo, negare ai suoi studenti la facoltà di avere una memoria storica tra le più gloriose non è solo un esercizio di ignoranza ma un’autoritaria imposizione di negazionismo becero.

Da antifascista iscritto all’Anpi, da vomerese e da docente, sono indignato. Indignato per il vincolo col mio passato, per il radicamento al mio territorio e per il legame che testimonio quotidianamente a quella funzione educativa, così distante da quella dirigente scolastica posta nel ruolo sbagliato, nel posto sbagliato.

Mi auguro che – dopo aver regalato uno sguardo alla lapide affissa dinnanzi al liceo e visto il film «Le quattro giornate di Napoli» di Nanni Loy – abbia l’onestà intellettuale per chiedere scusa ai caduti, al territorio e alla comunità educante che non ha saputo onorare.