Che cosa finisce
Lettere Cari Amici, se nel pieno di una crisi in Europa il loquace Biden è andato in Asia a provocare la Cina, vuol dire che non siamo alla resa dei conti […]
Cari Amici,
se nel pieno di una crisi in Europa il loquace Biden è andato in Asia a provocare la Cina, vuol dire che non siamo alla resa dei conti finale né con la Russia né con la Cina, ma all’intimidazione e alla sfida, e anche la guerra in Ucraina comincia ad apparire come ben diversa da come l’abbiamo percepita fin qui.
È una guerra mondiale, perché tale è una guerra che coinvolge le grandi Potenze, ma resta una guerra mondiale a pezzi, come non si stanca di definirla il papa per farla cessare; è una guerra efferata, ma messa in scena come uno spettacolo, dove a contare non sono le tragiche moltitudini delle vittime, tranquillamente immolate da una parte e dall’altra, ma i primi attori solitari, i Putin, gli Zelensky, i Biden, gli Stoltenberg; è una guerra combattuta con altri mezzi, l’economia, l’Intelligence, le fake news, le maratone e non solo con le armi; è una guerra che ostenta molte armi, ma più accantonate e predisposte allo sterminio che destinate alla difesa e alla conquista; è una guerra preventiva, da un lato per salvarsi da un cane che abbaia ma non morde e dall’altro per rassicurare Paesi che nessuno minaccia; è una guerra per fiaccare un antagonista che contende un primato esclusivo e cacciarlo tra i paria, ma non per distruggerlo. In questo senso è una buona notizia: non è una guerra senza chiaroscuri e senza speranze, come ce l’hanno venduta gli analisti e i crociati nostrani, ma una guerra che ancora possiamo prendere in mano, arginare, far finire, riportare alla ragione.
Non si tratta in realtà né di balcanizzare la Russia post-sovietica, né di giocare il finale di partita con la Cina, né di annettersi l’Ucraina per poi invadere l’Europa con o senza la NATO. Non si tratta della fine della storia e dell’ultimo uomo alla Fukuyama, ma della fine di un mondo quale con ottusità e violenza abbiamo costruito fino ad ora; è l’annuncio, come diceva padre Balducci della prima guerra del Golfo, del “declino, anzi della fine dell’età moderna così come cominciò cinquecento anni fa col genocidio degli Indios nel lontano Occidente”.
La fine dell’età moderna era per lui “la fine dell’età dell’egemonia mondiale euro-atlantica”, cioè di quel sistema di legge e di mercato, a cui ormai è approdata anche la Russia di Putin, “che ha reciso nella coscienza profonda dei popoli del Sud la speranza di una conquista pacifica del diritto a prendersi in mano la propria storia”. Sono i popoli che all’ONU si sono rifiutati di votare per la guerra tra la Russia e l’Occidente, gli 82 Paesi che se ne sono dissociati, tra cui c’è tutta l’Asia, a parte il Giappone, e gran parte dell’Africa, dell’America Latina, del Medio Oriente, una parte preponderante cioè della popolazione della Terra, che la vorrebbe salvaguardare, conservare, difendere; è il vero mondo che non va umiliato ed escluso, come invece l’America atlantica vuole fare della Russia.
E allora è questo il vero cimento a cui siamo chiamati: chiudere la parentesi infausta che abbiamo aperto ripristinando la guerra con la guerra del Golfo, dissipando le straordinarie risorse che ci erano state offerte con la rimozione del Muro. Dobbiamo intraprendere invece la ricostruzione della storia quale avevamo cominciato a concepirla nel Novecento, a partire dalla Carta atlantica di Roosevelt e Churchill in piena guerra mondiale (niente a che fare col Patto atlantico) fino al pensiero politico nuovo di Gorbaciov; a partire dalla Dichiarazione di Nuova Delhi per “un mondo libero dalle armi nucleari e non violento” alla Carta di Abu Dhabi che attribuisce la pluralità delle religioni alla stessa volontà divina, dalle Costituzioni postbelliche all’ “uscita dal sistema di dominio e di guerra” dei convegni di Cortona, dal Concilio ecumenico Vaticano II alla “Fratres omnes” di papa Bergoglio. Questo è il futuro, al netto della Bomba.
Nel sito pubblichiamo un ricordo di Marina Graziosi, mancata martedì scorso a Roma, originale interprete della cultura del movimento delle donne e moglie del carissimo compagno nostro e amico Luigi Ferrajoli che è tra gli animatori di “Costituente Terra” e autore del noto progetto di Costituzione della Terra. Marina Graziosi ha dato un importante contributo al movimento di liberazione delle donne, storicamente soggette al paradigma maschile, e ne ha arricchito la riflessione con particolare riferimento al diritto e all’immaginario penalistico, rivendicando un nuovo diritto per le donne che sia non tanto “un diritto diverso”, ma “un diritto di genere”. I suoi funerali avranno luogo a Roma, venerdì prossimo alle 11:00, nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.