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Il «cavallo» di… Bruxelles

Lettere Il diritto comunitario prevale su qualsiasi norma del diritto interno, anche di rango costituzionale. Il giudice nazionale, in caso di controversie fra Stato e un qualunque soggetto si appelli al […]

Pubblicato quasi 7 anni fa

Il diritto comunitario prevale su qualsiasi norma del diritto interno, anche di rango costituzionale. Il giudice nazionale, in caso di controversie fra Stato e un qualunque soggetto si appelli al diritto dell’Ue, è tenuto a disapplicare la norma interna incompatibile col quel diritto.

L’Italia fu condannata più volte dalla Corte di Giustizia europea per aver applicato la legge italiana incompatibile con le regole dei Trattati.

A tal proposito, ricordo la causa Simmenthal vs. Italia (Sent. CGCE 106/77). Tale sentenza costituì un precedente, da allora il giudice ordinario può disapplicare la legge italiana incompatibile con quella comunitaria, senza ricorrere alla Corte Costuzionale.

L’Italia ha aderito alla Comunità senza una disposizione ad hoc. Si ovviò a tale lacuna con l’art. 11 della Cost. (pensato per l’adesione dell’Italia all’Onu) nella parte in cui sancisce: «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Negli anni, l’interesse dell’Unione si focalizzò sempre più sugli aspetti economici e l’Ue richiese una maggiore cessione di sovranità nazionale.

Il legislatore italiano sopperì nel 2001 con la riforma del titolo V aggiungendo alla fine del primo comma dell’art. 117 della Cost. (…) , che recita “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione”, la parte “nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.

La riforma stabilì la definitiva cessione della sovranità nazionale all’ordinamento europeo, poiché nei Trattati comunitari successivi, cioè, dal trattato di Maastricht a quello di Lisbona, vi è una chiara tutela degli interessi del commercio e della finanza internazionale, sempre più a discapito dei diritti.

Questo per precisare che, oltre all’abrogazione dell’art. 81 Cost. sul Pareggio di bilancio e per il quale, entro fine anno, si dovrà votare l’assunzione definitiva nel trattato UE, anche l’art. 117 Cost. andrà rivisto quando stabilisce che la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni è limitata dai vincoli determinati dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Negli ultimi decenni le regole dettate dall’UE hanno avuto effetti negativi sui diritti fondamentali e sociali, per aver imposto un drastico regime di austerity all’Italia al fine di raggiungere il parametro di debito/PIL del 60% (attualmente al 132%), sugli investimenti pubblici, sul taglio della spesa pubblica, sul diritto alla salute, sui salari e, con le politiche restrittive di accesso al credito, danneggiato parecchie imprese, molte delle quali si sono estinte.

Contrastare queste regole, riprendendoci parte della sovranità, non vuol dire essere antieuropeisti, ma costruire la democrazia in un’Europa che nega sempre più diritti a favore del profitto delle grandi multinazionali.