Il mio Buon Proposito per il nuovo anno
Lettere Lettera natalizia di una ex-pacifista (ora pentita di essere “ex”) Il primo gennaio di ogni anno è il momento consueto per formulare i buoni propositi per i 365 giorni a […]
Lettera natalizia di una ex-pacifista (ora pentita di essere “ex”)
Il primo gennaio di ogni anno è il momento consueto per formulare i buoni propositi per i 365 giorni a venire. Di solito, vengono formulati un gran numero di bei propositi di cui, però, ben pochi vengono mantenuti. Andando controcorrente, una ex-pacifista, ora pentita di essere “ex” ed intenzionata a tornare alla lotta, ha scritto al gruppo FREE ASSANGE Italia una lettera natalizia in cui annuncia di aver scelto un solo proposito per l’anno nuovo. Così è più sicura di mantenerlo.
La sua lettera è di indubbio interesse in questi tempi di guerra, soprattutto alla luce della persecuzione giudiziaria del giornalista/editore e co-fondatore di WikiLeaks, Julian Assange.
Eccola.
(…)
Voglio condividere con voi il mio Buon Proposito per il nuovo anno: “Non mi lascerò più ingannare dalla tv e dai social media su quello che sta succedendo nel mondo!”
Perché ci sono cascata troppe volte. Come tante persone, del resto.
Mi spiego.
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Nel 2001, quando avevo appena diciott’anni, quasi tutti i mass media dicevano e ripetevano che, se abbiamo invaso e occupato l’Afghanistan, uno Stato sovrano, era perché è stato un atto necessario: primo, per catturare bin Laden, responsabile degli attentati alle Torre Gemelle di New York, e, in secondo luogo, per eliminare i terroristi di al Qaida che avevano le loro basi nell’Est del paese. E io ci ho creduto. Del resto, non c’erano in giro manifestazioni contro l’invasione, tranne per i soliti sparuti gruppetti; tutti sembravano d’accordo.
Poi Julian Assange, su WikiLeaks, e giornalisti investigativi come Seymour Hersh, hanno fatto una serie di rivelazioni che mi hanno aperto gli occhi. Mettendo i vari pezzi del puzzle insieme, diventò chiaro che gli USA (e l’Italia) sapevano benissimo che bin Laden non c’era più in Afghanistan: infatti, i Talibani l’avevano già spedito in Pakistan, dove effettivamente è stato trovato. Sapevano anche che al Qaida in Afghanistan non poneva rischi: dopo averla sfrattata, i Talibani le davano la caccia. Quindi il vero motivo per l’invasione e l’occupazione dell’Afghanistan (durate ben 12 anni!) era un altro: gli USA e i suoi alleati, tra cui l’Italia, volevano sottrarre le risorse minerarie afghane, come il coltan essenziale per l’elettronica. Inoltre, volevano impedire il passaggio degli oleodotti dal Caspio verso la Cina, per ostacolare la sua crescita, in quanto potenza rivale. “Allora”, mi sono detta, “questa finta ‘guerra contro il terrore’ è stata tutto un inganno! I motivi sono puramente economici.” E ho giurato di non lasciarmi più prendere per i fondelli.
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Poi, nel 2003, quasi tutti i media dicevano che dovevamo invadere l’Iraq come “guerra preventiva necessaria”, anche senza l’avallo dell’ONU, in quanto il leader, Saddam Hussein, stava costruendo armi di distruzione di massa da usare contro di noi. Inizialmente ho manifestato contro l’invasione; poi, col passare degli anni, ho accettato la narrativa ufficiale della “guerra preventiva necessaria”. Ho accettato anche la successiva narrativa usata per giustificare il ritorno in Iraq, ovvero la necessità di eliminare l’ISIS. Sembravano decisioni che non potevo mettere in discussione.
Ma poi, di nuovo grazie a Julian Assange su WikiLeaks e a giornalisti investigativi come John Greenewald su certi mass media minori, ho potuto appurare che gli USA e l’UK (e l’Italia) sapevano benissimo che Saddam non aveva né fabbricava le temute armi. L’occupazione serviva solo per poter sottrarre illecitamente il petrolio iracheno e per distruggere un paese che si opponeva all’espansione israeliana. Inoltre, grazie alla corrispondenza intercettata di Hillary Clinton, Assange ha potuto informarci che, a creare l’ISIS, erano gli Stati del Golfo e verosimilmente gli stessi USA, allo scopo di rovesciare il governo dell’Iraq (troppo amico con l’Iran) e poi il governo della Siria (troppo amico con la Russia). “Stramaledetti!”, mi sono ripetuto, “avete voluto versare il sangue di decine di militari italiani, migliaia di militari statunitensi, e 50.000 civili iracheni soltanto per il petrolio e per la vostra geopolitica! Basta!!”. E ho giurato di non lasciarmi più truffare.
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Ma nel 2011, quasi tutti i media, tante celebrità e persino la Federazione Internazionale dei Diritti Umani, dicevano che dovevamo invadere la Libia “per salvare la popolazione dal crudele dittatore Gheddafi, che li stava ammazzando”. E quindi, nonostante il mio pacifismo (a quel punto vacillante), non mi sono opposta nemmeno a quella guerra. Anzi tifavo per la caduta di Gheddafi, brutale maschilista com’era.
Poi Julian Assange, su WikiLeaks, e giornalisti investigativi come Daniel Kovalik su giornali minori, ci hanno offerto una serie di rivelazioni che, riunite e accostate, capovolgevano completamente la narrazione ufficiale. Erano gli USA e la Francia ad istigare le rivolte armate – sapendo benissimo che sarebbero state represse nel sangue – per avere la scusa di intervenire e di rovesciare il regime. E l’hanno fatto non solo per mettere le mani sul petrolio libico, ma anche perché Gheddafi stava convincendo gli altri paesi petroliferi ad abbandonare il dollaro come moneta di scambio, facendo scendere così il valore della divisa statunitense. Oggi la Libia è distrutta ma il dollaro è salvo. “Che ignominia,” mi sono detto, “basta con le guerre economiche fatte passare per guerre umanitarie, non mi lascerò più ingannare.”
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Poi un anno dopo, quasi tutti i media, tante celebrità, diverse associazioni per i Diritti Umani e persino molti esponenti della sinistra o sedicente tale, proclamavano che bisognava assolutamente armare i “ribelli” in Siria e decimare l’esercito di Assad “per salvare i siriani dal loro crudele dittatore che li bombardava persino nelle loro città”. Inoltre, bisognava spazzare via l’ISIS dalla Siria. E ci ho creduto, in quanto la tv e i giornali non dicevano nulla dei nostri bombardamenti, assai peggiori di quelli di Assad. Guardate come abbiamo ridotto la città di Raqqa; né l’aviazione siriana né quella russa si sono mai avvicinate a Raqqa, questo è il nostro lavoro.
Infatti, le rivelazioni di Julian Assange su WikiLeaks, insieme al lavoro dei giornalisti investigativi come il già menzionato Hersh, mi hanno chiarito come il temibile ISIS è nato. Non è spuntato dal nulla. Gli USA (insieme all’Arabia Saudita, al Qatar e alla Turchia) l’avevano creato, come ho già accennato, per rovesciare i governi dell’Iraq e della Siria; ma poi la loro creatura è andata fuori controllo; cominciava a commettere attentati anche in Europa; così gli USA hanno deciso di eliminarla, con bombardamenti a tappetto come quelli di Raqqa. “Sempre peggio!” mi sono detto. “Basta fornire armi ai ribelli, tanto più se jihadisti! Basta la violenza per imporre la democrazia! Basta guerra! Non mi lascerò più beffeggiare in questa maniera”.
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E così arriviamo a oggi.
Oggi, quasi tutti i media e tante celebrità e associazioni e quasi tutti gli esponenti della sinistra parlamentare ci dicono che dobbiamo armare gli ucraini, perché difendono il loro paese dall’aggressione russa, compiuta “senza provocazione, senza giustificazione, senza necessità” (parole del Presidente Biden).
Ma le cose sono davvero così evidenti come sembrano dalla tv? Oppure, dietro le quinte, c’è forse più di quanto appare nelle descrizioni ufficiali semplicistiche? Come è avvenuto con tutte le guerre in precedenza.
Purtroppo, oggi, non possiamo saperlo. Non abbiamo più Julian Assange per raccontarci le verità taciute.
Infatti, da quattro anni WikiLeaks rimane semi bloccato, per mano degli USA, e Julian Assange è in prigione, per mano dell’UK che l’ha incarcerato, senza processo e senza condanna, confinandolo in una minuscola cella in totale isolamento per zittirlo del tutto. Da lì verrà poi estradato negli Stati Uniti dove riceverà sicuramente un trattamento ancora peggiore per il resto della sua vita. Per quale delitto? Per aver rivelato non solo i crimini di guerra USA e UK in Afghanistan e in Iraq, ma anche e soprattutto – apriti Cielo! – per aver rivelato i veri motivi inconfessati dietro quelle guerre, ovvero i motivi indicati qui sopra, quelli che – quando li capisci – ti fanno rifiutare ogni guerra, non importa quanto combattuta (in apparenza) per i diritti umani e per la democrazia.
Insomma, Julian ha rovinato il gioco stra-miliardario del complesso militare-industriale e dei suoi compari (le industrie energetiche, i politici neocon…) che consisteva nel creare tutte quelle illusioni così convincenti, appena rievocate qui sopra, usate poi con grande abilità per “venderci” una serie di guerre criminali.
Oggi purtroppo, come dicevo, non abbiamo più al nostro fianco Julian Assange, per rivelarci sul sito WikiLeaks quello che sta succedendo realmente in Ucraina. E oggi persino i comuni giornalisti investigativi devono stare attenti a non finire sulle liste di proscrizione.
Pertanto, oggi ci manca chi possa pubblicare un documento riservato che ci consentirebbe di dire se c’era stata o meno, da parte della NATO, una deliberata provocazione per innescare il conflitto ucraino. Una provocazione come quella che la stessa NATO ha orchestrata a Bengasi contro Gheddafi nel 2011 per “giustificare” poi il suo intervento devastante in Libia. Il copione sembra identico, anche se ciò non costituisce una prova.
Tutto quello che sappiamo, da fonte sicura, è che c’è stata effettivamente a Kiev una riunione della NUC (Commissione NATO-Ucraina, l’organo competente per decidere in prima istanza l’installazione dei missili balistici NATO lungo la frontiera con la Russia) il 25 gennaio 2022, un mese prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma non sappiamo nulla sulle eventuali decisioni prese. Mentre la Russia, con la sua rete di informatori ucraini filorussi attivi sin dai tempi di Kučma, era sicuramente in grado di sapere cosa è stata decisa in quella riunione.
Sappiamo comunque che la minaccia di installare missili balistici troppo vicini era e rimane una linea rossa inviolabile per Putin, come lo era per John F. Kennedy nel 1962. Infatti, quando l’allora URSS sembrava voler installare missili balistici a Cuba, alle porte degli USA, il Presidente Kennedy fece alzarsi in volo i suoi bombardieri nucleari minacciando un attacco preventivo: nessuno Stato può accettare l’installazione di questi missili sulla propria frontiera perché diventa impossibile abbatterli. Per fortuna, sessant’anni fa, l’URSS ha fatto marcia indietro, rinunciando all’installazione dei suoi missili, e così la III guerra mondiale è stata evitata.
Non è fantapolitica, dunque, ipotizzare che la NATO possa aver provocato la Russia deliberatamente allo scopo di: (1.) spingerla al passo falso che ha commesso, (2.) giustificare in tal modo una guerra di sanzioni per indebolirla e (3.) farla impantanare in una guerra di attrizione che la sfinirà completamente. Così, eliminata la Russia dalla scena internazionale, l’Occidente può affrontare più tranquillamente la Cina, rimasta senza il suo alleato più forte. Non è dunque fantapolitica ma non è nemmeno un’ipotesi verificabile. Ci manca, infatti, Assange, WikiLeaks e un giornalismo investigativo indipendente, per darci eventualmente le necessarie prove.
Inoltre, non sappiamo niente del ruolo effettivo della NATO nei combattimenti in corso in Ucraina. Possiamo solo farci un’idea leggendo certi giornali non mainstream; ma essi non ci forniscono i documenti di appoggio, come faceva sempre Assange; quindi, rimaniamo nel dubbio se quello che raccontano sia vero o meno.
Per esempio, da questi giornali impariamo che, avendo consegnato agli ucraini i sistemi missilistici di artiglieria HIMARS, i militari della NATO, seduti ai loro posti di comando negli USA o a Sigonella in Sicilia, usano droni per scegliere i bersagli russi da colpire, poi forniscono i dati ai militari ucraini sul terreno che devono solo premere un pulsante sui lanciamissili HIMARS. Gli aerei spia della NATO sopra l’Ucraina, poi, correggono se necessario la traiettoria dei missili. Qualche volta i missili mancano il bersaglio e i russi rispondono al fuoco; ma in questi casi, muoiono solo i militari ucraini sul terreno, non i militari della NATO, al sicuro a Sigonella o negli USA. In pratica, con questo sistema, la NATO ha trovato il modo ideale per fare la guerra restando sempre indenne. Anche se a costo (finora) di 100,000 morti ucraini per mano russa e di 100,000 morti russi per mano ucraina (dati forniti dal capo di Stato maggiore americano Milley lo scorso 11 novembre).
Informazioni come queste apparivano regolarmente sul sito WikiLeaks in forma documentata e quindi irrefutabile. Oggi, invece, bisogna ricercarle sulla stampa dei paesi non occidentali o su quella occidentale altamente specializzata, sempre con il beneficio del dubbio. Finisce così che i comuni cittadini, con mille altre preoccupazioni e quindi senza il tempo necessario a disposizione, gettano la spugna e si rassegnano ad essere malinformati (e quindi aperti a manipolazioni) da parte della maggioranza dei mass media.
Concludo, per far capire quanto queste manipolazioni siano tanto reali e frequenti, con un esempio recentissimo. Venerdì scorso, infatti, abbiamo subito, tutti quanti, un insidioso tentativo di manipolarci, da parte di chi ci governa, probabilmente senza neanche rendercene conto.
Il 23 dicembre, infatti, la Presidente del Consiglio Meloni ha fatto visita ai 1000 soldati italiani nel Nord Est dell’Iraq, in teoria inviati per eliminare i terroristi dell’ISIS. Solo che l’ISIS non esiste più in quella zona da anni. (Esistono invece i pozzi di petrolio, che ENI adocchia, quelli sì.) E, in ogni modo, anche se l’ISIS esistesse ancora in quella zona, l’occupazione NATO, non autorizzata dall’ONU o dal governo dell’Iraq, risulterebbe illegale: viola la sovranità nazionale irachena. In pratica, stiamo facendo come Putin.
Qualcuno di noi se n’è accorto? Probabilmente no. Non certo la maggior parte dei nostri cronisti.
Immaginate se Putin, essendo riuscito a portare un suo uomo al potere in Ucraina per tenerla fuori dalla NATO, facesse poi una visita natalizia ai soldati russi nel Donbass, elogiandoli perché “danno alla nazione uno straordinario lustro.” Che scandalo! Eppure, quelle sono le parole che la nostra Premier Meloni ha pronunciato venerdì scorso alle truppe italiane nel Nord Est iracheno, area grande quanto il Donbass.
Nessuno ha fiatato.
Qualcuno chiederà perché l’esercito iracheno non manda via le forze della NATO, operanti sotto comando italiano, se sono realmente invasori. Ebbene, il Parlamento iracheno ha effettivamente votato una risoluzione stigmatizzando l’occupazione NATO come illegale ed esigendo la partenza delle truppe. Ma se non ha dichiarato guerra contro la NATO e perché Washington avrà sicuramente minacciato, in tal caso, di riprendere i bombardamenti come quelli illustrati sopra. Ciò ha probabilmente indotto gli iracheni ad adoperare invece la strategia dell’usura: infatti, da mesi milizie “spontanee” sparano periodicamente sui militari NATO che ritornano il fuoco in un gioco continuo di nervi.
È probabile che, per addolcire gli iracheni e per convincere il governo a porre fine a questi attacchi “spontanei”, Meloni abbia promesso loro, tramite accordi segreti con il primo ministro, rimborsi cospicui (anche se solo parziali) per il petrolio sottratto da ENI. Ma anche se ciò fosse, accordi del genere risulterebbero del tutto illegittimi perché stipulati sotto coercizione.
Ripeto: di tutte queste nefandezze neanche un cenno sulla maggior parte dei mass media italiani. Vengono riportati solo i ringraziamenti fatti da Meloni ai soldati tricolore per “aver difeso la pace”.
Disinformazione allo stato puro. Manipolazione di un lettorato malinformato allo stato puro. E viste le solenne condanne dell’occupazione militare russa dell’Est dell’Ucraina, fatte dalla nostra Premier, pura ipocrisia.
È per questo motivo che io sono più che mai convinta che la libertà di Julian Assange riguarda ognuno di noi: ci va di mezzo anche la nostra libertà perché ci va di mezzo il nostro #DirittoDiSapere, violato di continuo dal Sistema ma difeso strenuamente da Assange ogni volta che ha rivelato documenti che erano stati secretati soltanto per occultare crimini o misfatti.
L’ha detto esplicitamente la Corte Suprema degli Stati Uniti quando ha riconosciuto, nel 1971, il diritto di ogni giornalista investigativo, come di ogni cittadino comune, di rivelare anche documenti protetti dal Segreto di Stato, se ciò viene fatto nell’interesse generale. Perché, ha scritto la Corte, un pubblico ben informato e consapevole è essenziale alla democrazia. Julian Assange ha ribadito lo stesso concetto quando ci ha ricordato che “non si può costruire una civiltà equa partendo dall’ignoranza e dalla menzogna.”
Il mio Buon Proposito per quest’anno sarà perciò uno solo, così sarò sicura di mantenerlo. Ed è questo: “Non mi lascerò più ingannare dalla tv e dai social media su quello che sta succedendo nel mondo! Voglio essere una cittadina ben informata e consapevole. Porrò fine alla mia ignoranza. Uscirò dalla menzogna.”
Spero che sia anche il vostro buon proposito per l’anno nuovo. Felice 2023!
Martina