Il referendum sull’acqua
Lettere La sentenza che la sesta sezione del Consiglio di Stato ha pubblicato il 26 maggio 2017 non lasciano adito a dubbi. Perché riproponendo l’impianto ideologico che fu già del Tar […]
La sentenza che la sesta sezione del Consiglio di Stato ha pubblicato il 26 maggio 2017 non lasciano adito a dubbi.
Perché riproponendo l’impianto ideologico che fu già del Tar Lombardia di legittimare come costo quello che è in realtà un profitto, la suprema giurisdizione amministrativa ha voluto dire l’ultima parola sulla modalità di gestione di acqua e servizi pubblici locali nel nostro Paese, non concependo null’altro al di fuori delle logiche del mercato e del profitto.
Con buona pace dei 27 milioni di concittadini che, nel lontano 2011, avevano deciso, col loro voto, di espungere dalla tariffa del servizio idrico integrato proprio quella componente di profitto che (a giudizio dei ricorrenti, Fima e Federconsumatori) un nuovo, truffaldino, metodo tariffario (Mtt) aveva surrettiziamente reintrodotto (sotto la voce «costo della risorsa finanziaria»).
Per i giudici di Palazzo Spada i ricorrenti hanno torto, la metodologia tariffaria adottata dall’Aeegsi nella delibera n. 585 /2012 è «pienamente compatibile con l’esito del referendum» (sic!).
Così, grazie a questa sentenza (non più appellabile), l’anomalia referendaria è definitivamente cancellata e i gestori possono riprendere indisturbati a fare (e distribuire) utili sull’acqua!
Non solo. Potranno esigere dalle migliaia di utenti che in questi anni hanno praticato l’«Obbedienza Civile», le quote di autoriduzione delle bollette dell’acqua nella percentuale di profitto disattesa dagli stessi (oscillante tra il 15 e il 20% del fatturato).
A Padova, per esemplificare, il «ben tolto» ammonta a circa € 70.000. Ebbene, dopo mesi di estenuante trattativa col gestore Acegas Aps Amga – Gruppo Hera, gli ex autoriduttori delle bollette sono riusciti ad ottenere l’abbuono delle autoriduzioni praticate negli anni 2012 e 2013 ma dovranno restituire le successive (dal 2014 a oggi), seppure in forma rateale e non gravate da interessi e oneri accessori. Al danno la beffa!
Per concludere.
Sarebbe fuorviante scaricare sui giudici tutta la responsabilità di un esito che, da qualunque parte lo si guardi, si rivela essere un vergognoso e indecente furto di democrazia.
Perché nel gioco al massacro della volontà referendaria, posto in essere già a pochi mesi da quella straripante vittoria di popolo, tutti -come sul famoso Orient Express di Lady Mallowan (A. Christie)- hanno giocato la loro parte, dalle Autorità d’Ambito ai gestori, dai sindaci ai partiti, dall’Autorità di vigilanza fino ai governi, a sottolineare il grumo di interessi che quei referendum avevano toccato.
Ebbene, gli italiani avranno pure memoria corta ma ci sarà un motivo per cui cresce la disaffezione al voto. Ne terrà conto la costituenda «Sinistra»?
Alessandro Punzo, Comitato Prov. AcquaBeneComune, Padova