Lettere

In Italia anche il restauro è precario

Lettere La storia dell’Istituto centrale del restauro e dei suoi lavoratori precari

Pubblicato più di 3 anni fa

Lettera aperta delle precarie e dei precari dell’istituto centrale per il restauro al ministro della Cultura Dario Franceschini

Siamo le precarie e i precari dell’ICR, l’Istituto Centrale per il Restauro, un organo del Vostro Ministero, eccellenza nel campo del restauro e della conservazione del Patrimonio culturale.

Lavoriamo da anni con competenza e professionalità, con dedizione e senso di appartenenza, nonostante la nostra condizione strutturale di precarietà. Difatti il nostro rapporto con l’Istituto si è attuato sin dall’inizio attraverso collaborazioni autonome e parasubordinate, seppur ci troviamo a svolgere le stesse mansioni, con le medesime modalità, dei nostri colleghi e colleghe direttamente dipendenti dell’organo. I nostri contratti, oltretutto, sono in larga parte già scaduti o si stanno avviando verso la scadenza, aumentando la condizione di incertezza per il nostro futuro e quello dell’Istituto.

A causa del progressivo pensionamento di molti dipendenti, l’ICR si trova in uno stato di carenza di organico già da tempo, anche per via dell’assenza di un piano di reintegro di nuovo personale qualificato mediante concorsi pubblici. Gli ultimi concorsi, risalenti al 2016 e al 2019, hanno potuto solo marginalmente tamponare la carenza del personale necessario. In questa situazione abbiamo svolto, e continuiamo a svolgere con serietà, attività essenziali per l’Istituto e, più in generale, per il Paese tutto, occupandoci a vario titolo della conservazione e della valorizzazione del patrimonio storico e artistico, nonché della ricerca scientifica applicata ai beni culturali, anche ai fini della formazione di restauratori professionisti presso la Scuola di Alta Formazione e Studio ICR, sia per la sede di Roma che di Matera.

Le nostre competenze sono ormai svilite da politiche basate, di fatto, su una rinuncia alla valorizzazione delle persone e finalizzate esclusivamente al risparmio economico, tramite un conveniente utilizzo del precariato con forme contrattuali che comportano una serie di limitazioni dei diritti (malattia, ferie, orari, maternità, contributi a fini pensionistici, etc.).
Questo patrimonio di risorse e competenze non dovrebbe essere mortificato in tal modo ma valorizzato, attraverso un piano programmatico nazionale per il reintegro del personale all’interno del Ministero della Cultura che, in questi anni, seppure con una continuità precaria, ha anche investito nella nostra formazione professionale.

La situazione che Le stiamo rappresentando, e rispetto alla quale il Suo Dicastero fu già informato dal precedente Direttore dell’Istituto, se protratta ulteriormente non potrà che incidere negativamente sulla programmazione a medio e lungo periodo della nostra attività lavorativa e dell’Istituto tutto, nonché sulla formazione, l’acquisizione di nuove competenze e trasmissione di quelle pregresse. Si rischia di scavare un divario incolmabile fra coloro che dovranno essere assunti e gli esperti ormai in pensione, in assenza di uno strategico passaggio di consegne che sfrutti proprio il bagaglio di esperienze da noi acquisite al fianco dei funzionari uscenti o già in congedo, tanto per gli aspetti tecnici e scientifici quanto per le procedure amministrative interne.

Per tutti questi motivi, e nell’attesa di risposte anche da parte dell’attuale dirigenza, abbiamo deciso di mobilitarci e di farlo con un presidio stanziale nei pressi del Suo Ministero il prossimo 25 maggio, a partire dalle ore 10. Le chiediamo in quella data di non ignorarci e di riceverci, affinché si possa immaginare insieme una soluzione possibile, per noi e per un Istituto così importante per il nostro Paese.