Lettere

Risposta della Rete per il Diritto alla Città all’ex vicesindaco di Roma

Lettere Abbiamo letto con attenzione l’intervento dell’ex vicesindaco di Roma Luigi Nieri, pubblicato in questo giornale, col titolo «Quegli sgomberi a Roma». Apprendiamo così che gli sgomberi hanno destato in lui […]

Pubblicato quasi 9 anni fa

Abbiamo letto con attenzione l’intervento dell’ex vicesindaco di Roma Luigi Nieri, pubblicato in questo giornale, col titolo «Quegli sgomberi a Roma». Apprendiamo così che gli sgomberi hanno destato in lui una forte preoccupazione. Ci sentiamo di condividere questo sentimento, anche se la nostra posizione è decisamente diversa. Mentre lui li osserva, noi li subiamo.

Rimanendo nella sfera dei sentimenti, una domanda ci viene subito spontanea: ma perché tanto stupore? Proprio con la giunta Marino «quegli sgomberi a Roma» si sono moltiplicati.

Luigi Nieri lo sa, la serie è lunga, lunghissima: dall’Angelo Mai, all’ «auto-sgombero» del Valle, all’ex cinema Volturno, passando per le ruspe che hanno demolito Scup – dando così attuazione preventiva al programma di Salvini – e alle ripetute minacce e attacchi al Corto Circuito.

Per arrivare alla situazione odierna: Auro e Marco, Esc, Casale Falchetti, la Torre, assieme a circa ottocento realtà dell’associazionismo, poste sotto sgombero. Un vero e proprio primato, quello della giunta Marino, una giunta che voleva essere «arancione».

Primato per quantità, e qualità.

A Roma si è inaugurata la stagione degli sgomberi a intensità variabile: si comincia con una letterina inviata dal Patrimonio, che è nei fatti un ultimatum, si passa per un’accusa di morosità o per un’inchiesta della magistratura, si arriva all’intervento vero e proprio dei vigili urbani o della forza pubblica, talvolta accompagnato dalle ruspe – le ruspe ben rappresentano non solo il sogno più ricorrente di Salvini, ma il simbolo della «valorizzazione urbana», vero feticcio di ogni palazzinaro.

Ma entriamo nel merito di quello che scrive Nieri.

La delibera 140/2014 – sostiene l’ex vicesindaco – è stata approvata dalla Giunta quando lui non aveva più la delega al Patrimonio, quando era «solo» vicesindaco. Aggiunge Nieri, che l’art. 5 della stessa delibera va rimesso all’interpretazione. Quando c’era Marino «gli uffici» avevano dato a questo articolo interpretazione estensiva, mentre ora, con Tronca, dello stesso viene data un’interpretazione restrittiva. Ecco che l’arcano è svelato! E’ solo una questione di interpretazione. E Nieri era lì per caso.

Verrebbe da riderci sopra, se la situazione non fosse maledettamente seria. Con buona pace dell’ermeneutica giuridica, proviamo a riaprire una vera discussione. La delibera introduce il dispositivo del bando pubblico; il «patrimonio pubblico bene comune» viene così sottratto alla partecipazione e alla decisione democratica, e affidato a presunti criteri «tecnici» e «neutrali». Per questa ragione, l’unico atto concreto che apprezzeremmo è la cancellazione, senza condizioni, della delibera 140.

Ma Nieri non può più farlo, il tempo è scaduto, e i tempi in politica contano eccome. Quando l’ex vicesindaco fa riferimento agli «uffici», ci conduce al nocciolo del problema. La politica a Roma non esiste più, e da un pezzo decidono «gli uffici».

L’Amministrazione, guidata da un pilota automatico, ha preso il sopravvento sulla Politica. La politica, quella con la p minuscola, che abbiamo visto in scena in questi anni, si è limitata ad eseguire, non avendo la forza e il coraggio di opporsi al progetto neoliberale, fatto di privatizzazioni dei servizi, di svendita del patrimonio pubblico, di licenziamenti, della trappola del ricatto del debito di Roma. Il Dup, presentato da Tronca, ratifica tutto questo, segnando una continuità con la giunta Marino e un’ipoteca sul futuro della città.

Solo la riappropriazione dal basso della Politica potrà permetterci di uscire da questa situazione. Autogoverno, Autogestione, Autonomia, saranno la nostra tripla A!

Per questa ragione, mentre ci opporremo ad ogni sgombero e sfratto, chiedendo una moratoria, avvieremo un processo di scrittura dal basso, affermando dei principi inderogabili e tracciando una linea oltra la quale nessun intervento normativo potrà andare. Un processo volto a valorizzare l’uso comune degli spazi comuni.