Sardegna, i gestori della pelle altrui
Lettere La PET/TC è un esame che garantisce un riscontro diagnostico, credo, al più alto livello di precisione: rappresenta pertanto un potentissimo sussidio per orientare i provvedimenti terapeutici perfino quando una […]
La PET/TC è un esame che garantisce un riscontro diagnostico, credo, al più alto livello di precisione: rappresenta pertanto un potentissimo sussidio per orientare i provvedimenti terapeutici perfino quando una patologia, particolarmente di natura oncologica, pur essendo ancora in fase precoce, può essere aggredita e risolta.
Una persona come me, sprovvista di competenza specifica, potrebbe semplificare la questione, limitandosi a pensare che, la TC/PET è un esame che, in ogni caso, può allungare la vita quando non si è più in tempo per salvarla dall’aggressione di quella patologia. Si inietta al paziente un farmaco radioattivo e questo va a collocarsi elettivamente nei tessuti dove si sono insediate le malefiche cellule, quindi si mettono in atto le strategie più efficaci a contrastarle.
Occorre anche sapere che esistono tipi diversi di radio farmaco in corrispondenza di diversi tipi di patologie conclamate o sospettate: semplificando, uno si chiama FDG, un altro Colina; è importante considerare che quest’ultimo deve essere iniettato subito dopo la sua produzione, che, insomma, non è conservabile che per un tempo brevissimo.
In diverse strutture sanitarie della Sardegna si pratica la Pet, ma non tutte sono in grado di produrre i traccianti per i quali, a mia conoscenza, dipendono dall’Ospedale Brotzu di Cagliari: una inconcepibile decisione del Brotzu di sospendere questa produzione implicherebbe la totale sospensione degli esami il cui tracciante è la Colina, mentre per quelli il cui tracciante è l’FDG verrebbero ridotti a un numero insignificante dovendosi giornalmente ricevere quel farmaco radioattivo dalla penisola o, addirittura, dall’estero.
Schiere di ammalati si troverebbero proiettati di decenni indietro nel tempo quando la scatola magica non esisteva ed era più facile morire.
Ebbene il 30 settembre usciva dal Brotzu il comunicato concernente l’infausta decisione: si sostituisce il tomografo con un altro di ultima generazione; per questo devono essere eseguiti dei lavori; per questo si chiude bottega. Un servizio che era efficientissimo pur in presenza del tomografo di “vecchia” generazione, viene ora erogato in modo precario ai pazienti FDG e addirittura negato a quelli che necessitano della Colina.
E non si creda di poter ricorrere ad altre strutture fra quelle ormai diffuse nella penisola: grazie all’infaticabile opera dei governi regionali che si sono avvicendati nel tempo, anche i trasporti sono una sciagura della Sardegna: dunque la pelle si rischia rigorosamente in casa e, in tutta la Sardegna, molti la stanno rischiando.
Io non dico di rinunciare ai mezzi più evoluti tecnologicamente, ma neppure penso che, in attesa di un abito nuovo, sia ragionevole andare nel frattempo nudi: sarebbe una scelta stupida, irresponsabile, oscena; chi la pensasse dovrebbe essere perseguito penalmente.
A parte un laconico servizio apparso su un TG regionale di RAI 3, mi risulta che nessun altro mezzo di comunicazione si è occupato della vicenda.
Pertanto il giorno 8 ottobre scrivo una preoccupata lettera all’Unione Sarda perché, di essa vicenda, ho ragione di percepire appieno la gravità. Il giornale esce il giorno 10 con un articolo sontuoso per dimensione grafica, ma del tutto deludente per contenuto: senza curarne il minimo riscontro riporta acriticamente quanto dichiarato niente di meno che dall’addetto alle pubbliche relazioni del Brotzu; incredibilmente, secondo lui “la situazione è sotto controllo”, “non ci sono pericoli”, “gli esami proseguono”, “il servizio riprenderà regolarmente il due novembre”: queste e altre ciniche esercitazioni di ipocrisia o di inadeguatezza al ruolo.
Lo scrivo il giorno stesso al giornale, ma tra le lettere dei lettori godono la preferenza argomenti come le virtù o le indegnità di casa Savoia che periodicamente si ripetono con gli accenti tipici delle argomentazioni serie: l’eventualità di intitolare un’altra via ai Savoia varrà ben più di banali litanie oncologiche.
Scrivo infine al direttore editoriale chiedendogli di favorire un approfondimento: questa volta la lettera deve essersi smarrita lungo la smisurata scala che conduce al suo cospetto.
Il 4 novembre mi sono recato al Brotzu per chiedere notizie circa l’annunciata ripresa del giorno 2; c’è un aggiornamento: col garbo e la professionalità che abitualmente si riscontrano nel personale della struttura, ma anche con l’imbarazzo di chi è consapevole della criticità in corso, mi svelano che il 2 novembre era un giorno di festa soltanto per i morti: la ripresa regolare degli esami è rinviata al prossimo mese salvo complicazioni. Al ritmo di due esami al giorno il pacco delle richieste inevase sarà ancora ben robusto a Capodanno, quando i responsabili di questo scempio brinderanno senza vergogna all’anno nuovo.
In una delle inutili lettere inviate all’Unione Sarda ho scritto che a questi fenomeni vorrei augurare una lunga vita libera dalla malattia, però impiegata in settori lontanissimi dalla sanità: potrebbero con profitto escogitare strategie di distruzione dell’Isis, strategie di disinfestazione dalle zanzare che tanto ci hanno afflitto questa estate, c’è da scegliere proficuamente, nell’interesse loro e dell’umanità.