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L’Europa non può vivere nei ristretti confini nazionali delle sinistre
Recovery fund Dopo decenni di lamentazioni contro i Trattati dell’Unione europea, ne abbiamo finalmente incrinato uno dei suoi peggiori: il famoso «no bail out». Tutto è cambiato? No. Anche questo «deal» è fragile e rischioso. Ma per la prima volta in 63 anni l’Ue è una comunità politica che assume il dovere di aiutare i paesi in difficoltà
L’interno del «Reichstag» a Berlino – Ap via Dpa /LaPresse
Recovery fund Dopo decenni di lamentazioni contro i Trattati dell’Unione europea, ne abbiamo finalmente incrinato uno dei suoi peggiori: il famoso «no bail out». Tutto è cambiato? No. Anche questo «deal» è fragile e rischioso. Ma per la prima volta in 63 anni l’Ue è una comunità politica che assume il dovere di aiutare i paesi in difficoltà
Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 23 luglio 2020
«Storico? Non direi», si è affrettato a dichiarare il frugale Rutte, per contenere l’enfasi con cui il Presidente del Consiglio europeo Michel aveva accompagnato, alle 5.33 del mattino il suo annuncio: «Deal!», accordo fatto. Si capisce che il primo ministro olandese minimizzi (si capisce meno se a farlo sono tanti nostri compagni), perché, dopo decenni di lamentazioni contro gli orribili Trattati dell’Unione, senza neppure esser presi sul serio, all’alba di lunedì ne abbiamo finalmente incrinato uno. Uno dei suoi peggiori principi fondamentali. Quello che gli avari (e poco lungimiranti paesi ricchi) hanno sempre difeso a spada tratta e che è...