Cultura

L’irriverente geografia di un’anima divisa

L’irriverente geografia di un’anima divisaUn’immagine di Genova negli anni Sessanta, uno scorcio di via Bruno Buozzi

FABER «La Genova di De André, da corso Italia a Via del Campo» di Giuliano Malatesta, per Giulio Perrone editore. Oltre i caruggi, tra marinai e prostitute il cuore meticcio dei vicoli dove sono nate tante canzoni. Il poeta lottò a lungo con le sue origini «bene», fino a diventare la voce degli ultimi. Gli anni ’60 di Faber, Lauzi, Paoli, Bindi e Tenco: da sfaccendati a simbolo della canzone impegnata

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 23 ottobre 2019
Sostiene Fiorella Mannoia che grazie all’ascolto, quando aveva 16 anni, di Tutti morimmo a stento, entrò «nell’età adulta». Per un genovese è qualcosa da invidiare, alla fin fine, perché noi di De André non possiamo ricordare «il» momento del primo ascolto. È come ci fosse sempre stato; De André per i genovesi è nel Dna. Ed essendo genovesi, refrattari a parlare più di tanto di noi, De André tendiamo a difenderlo da sguardi esterni, a custodirlo, percependo un sentimento primigenio nel momento in cui ci ritroviamo a canticchiare «guardala guardala guarda i capelli, sono più lunghi dei nostri mantelli». De...

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