Alias Domenica
Lo spazio ridotto di amore e morte
«La scala di ferro» di Georges Simenon (1953), da Adelphi Nella perfetta, angusta quotidianità coniugale dove ogni gesto è rito, si insinua sottile, e via via si ingrandisce, uno straniamento... Le virtù di un romanzo claustrofobico, non solo «d’evasione»
Félix Vallotton, «Intérieur avec femme en rouge de dos», 1903, Zurigo, Kunsthaus
«La scala di ferro» di Georges Simenon (1953), da Adelphi Nella perfetta, angusta quotidianità coniugale dove ogni gesto è rito, si insinua sottile, e via via si ingrandisce, uno straniamento... Le virtù di un romanzo claustrofobico, non solo «d’evasione»
Pubblicato più di 8 anni fa
Evasione, buona narrativa d’evasione. Così molti considerano l’opera di Simenon. E se ne comprendono le ragioni: la perfetta macchina del racconto, i pesi calibrati, le atmosfere fin troppo persuasive. E una scrittura limpida e vischiosa che impregna subito il lettore: lo immette d’un colpo nello stesso refolo di vento, negli stessi afrori, nelle camere affocate e nelle cucine squallide, nelle stesse luci lattiginose da cui sono avvolti i personaggi, e nelle loro più fonde ossessioni. Proverbiale è la ritualità del suo lavoro alla scrivania, e la vena inesauribile, gli eccessi mondani e alcolici, festosi o sprezzanti. Tutto, proprio tutto insomma,...