Cultura
L’opera è un’agente della trasformazione
Arte pubblica Una riflessione su fondazioni e «musei» che sono concepiti come laboratori di relazioni. La dimensione partecipata punta su un approccio creativo agli spazi periferici e sull’abitante-committente e entra in rapporto con la storia delle comunità locali
Installazione di Yona Friedman per la Fondazione No Man's Land, in Abruzzo
Arte pubblica Una riflessione su fondazioni e «musei» che sono concepiti come laboratori di relazioni. La dimensione partecipata punta su un approccio creativo agli spazi periferici e sull’abitante-committente e entra in rapporto con la storia delle comunità locali
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 3 agosto 2019
«Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie», tuonava in tutta la sua enfasi Marinetti agli inizi del ’900. Scagliandosi contro ogni forma di relazione con la tradizione e il passato, l’artista promuove la prima trasformazione moderna di un concetto di arte che vuole lo spettatore al centro del quadro, fuori dalla cornice contemplativa. Da quel momento niente sarà più come prima: la crisi del modello museale tradizionale si preannuncia abbattendone lo stereotipo tradizionale e bloccato di vetrina accademica dove l’opera risulta secondo la visione dell’avanguardia, neutralizzata nella sua peculiarità di agente trasformativo, sottratto come sottolinea la...