Editoriale

L’ordinato esecutore testamentario

Come avvenne quando il loden di Monti sostituì la bandana di Berlusconi, anche il passo felpato di Gentiloni al posto delle marcette di Renzi, sembra aver portato un certo sollievo […]

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 29 dicembre 2017

Come avvenne quando il loden di Monti sostituì la bandana di Berlusconi, anche il passo felpato di Gentiloni al posto delle marcette di Renzi, sembra aver portato un certo sollievo nei palazzi del potere. L’immagine offerta dal capo del governo – all’Italia e all’Europa – durante gli ultimi mesi, non è stata evanescente e tantomeno impalpabile, e ha dimostrato che i danni prodotti dall’arroganza politica renziana si potevano in parte evitare. Forse sarebbe bastato che Renzi mantenesse la parola data un anno fa, dopo la batosta del referendum: lasciare la politica. Non lo ha fatto e oggi i sondaggi dicono che il partito democratico sarebbe al 23 per cento, il peggior risultato della sua storia.

Al contrario, come confermato nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del consiglio designato da Renzi (ci perdoni il presidente Mattarella), ha rispettato in pieno l’immagine rassicurante del suo governo, fatto di «pochi annunci» (tipico del renzismo) e «molte decisioni» (tipico del gentilonismo).

Ma in una cosa i due modi d’essere, fare politica e governare, coincidono: l’ottimismo. Perché le lodi tessute, davanti alle telecamere, da Gentiloni sul proprio ministero sono nel solco di Renzi: la legislatura finisce in modo ordinato, il prestigio internazionale è cresciuto, l’economia è in ripresa, c’è un milione di posti di lavoro guadagnati.

Importanti successi sull’immigrazione (al prezzo di riportare nei lager chi ne fugge), svolta nei diritti civili (pazienza se lo ius soli è stato lasciato al suo destino). Oltretutto, osserva il premier, la salute non ci manca (facendo credere che la sanità sia migliorata in questa legislatura e dimenticando che milioni di italiani non possono accedere alle cure). E, riferendosi all’impennata dell’export, nel chiudere il lungo elenco dei traguardi, Gentiloni si concede una licenza: «Detto alla romana, nun ce se crede».

Infatti gli italiani credono poco a questo «miracolo». E rispondendo alla domanda di un giornalista, il premier si è detto convinto che la causa della disillusione sia imputabile alla crisi del ceto medio e alla mancanza di lavoro. Se è così, la rassegna dei provvedimenti miracolosi non solo diventa un elenco della spesa, ma può sembrare anche una gigantesca presa in giro per quel 40 per cento di giovani che non trovano un’occupazione dignitosa.

Naturalmente tra i fautori di questo miracolo italiano sono citati «Letta, Renzi e il mio governo», e, di conseguenza, segue l’invito agli italiani a considerare che «c’è una sinistra di governo a disposizione». In realtà, la sinistra con Renzi si è persa a favore di una politica neocentrista, con il bel risultato di un Pd declinante, ferito da una scissione, che difficilmente sarà chiamato a dare le carte (anche se Renzi usa molto lo slogan «saremo il primo gruppo parlamentare), non avendo probabilmente né i voti, né gli alleati e, soprattutto, avendo di fronte un centrodestra berlusconiano con il vento in poppa. (Poco prima della conferenza stampa proprio Berlusconi lanciava messaggi di pace al governo che, assicurava l’immarcescibile ottantenne, resterà al suo posto e al suo lavoro finché non ce ne sarà un altro. Magari insieme. Non l’ha detto, ma c’è chi giura che proprio a questo pensa il redivivo di Arcore).

Il regalo per le feste che questa legislatura, e i tre governi che l’hanno contrassegnata, ci porta in dote è una collana di politiche economiche e sociali che hanno spostato decisamente a destra il campo della contesa elettorale, con la fallimentare strategia di indebolire la sinistra e mettere il vento nelle bandiere dell’avversario.

Certo, Gentiloni, secondo i retroscena del Palazzo, potrebbe essere la carta da giocare sul tavolo di future alleanze, difficilmente però di centrosinistra, vista l’orgogliosa rivendicazione delle scelte contro immigrati (la politica di Minniti si scontra con la realtà: durante il Tg1 un servizio dedicato agli sbarchi a Ragusa ha ricordato le parole dei fuggitivi sulle torture subite in Libia). E contro i diritti dei lavoratori fin qui operate dagli inquilini di palazzo Chigi. Non è stato il governo Gentiloni a giocare la carta sporca dei voucher contro il referendum della Cgil? Non è stato lui a mettere il sigillo sulla legge elettorale con la fiducia? Il rottamatore il centrosinistra lo ha distrutto, il suo successore può solo esserne «l’ordinato» esecutore testamentario.

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