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Mancini, colpo di testa

Mancini, colpo di testaRoberto Mancini – foto LaPresse

Calcio Privato dei collaboratori preferiti, in conflitto con il presidente della Federazione, il ct della Nazionale ha preso di getto una  decisione matura da tempo. A sostituirlo il tecnico campione d’Italia

Pubblicato più di un anno faEdizione del 15 agosto 2023

Quando sui giornali si scrive di calcio, sembra che la «pista araba» abbia oramai sostituito la vecchia e cara «pista anarchica» utilizzata quando non si sa, o non vuole, spiegare accadimenti solo all’apparenza misteriosi. Così è successo nelle trattative estive di calciomercato. E così è andata per cercare di difendere i vertici federali nel motivare le improvvise dimissioni di Roberto Mancini da commissario tecnico della nazionale maschile di calcio. In attesa che sia designato come suo successore l’ex allenatore del Napoli scudettato Luciano Spalletti. Mancini ha tradito, e andrà sulla panchina dell’Arabia Saudita a prendere un sacco di soldi. Così racconta la pista araba, che come quella anarchica è utile a nascondere i veri motivi del gesto: la palese insofferenza del dimissionario c.t. alla riorganizzazione del suo staff imposta dal presidente federale Gabriele Gravina.

MANCINI, che ha guidato per cinque anni la Nazionale portandola a vincere un inatteso Europeo nel 2021, è poi riuscito nell’impresa di non qualificarsi ai Mondiali di Qatar 2022. La seconda volta consecutiva per gli azzurri dopo la tragica première del «maestro di calcio» Giampiero Ventura. Per eccesso di hybris, e di riconoscenza verso i suoi campioni europei, Mancini prima si è fatto buttare fuori ai gironi dalla modesta Svizzera e poi ai playoff dall’umile Macedonia del Nord. Allora avrebbe dovuto dimettersi, e con lui Gravina. Invece no, i due hanno deciso di proseguire insieme, senza però esserne per nulla convinti.

E COSÌ, mentre il c.t. dopo un inizio stentato nelle qualificazioni passava l’estate a girare assurdi e alienanti spot televisivi «contro la droga», il suo presidente gli faceva terra bruciata intorno, nominandolo coordinatore di tutte le nazionali. Un titolo che serviva però solo a privarlo del suo cerchio magico di collaboratori, sostituiti da uomini di Gravina a lui non graditi: ciliegina sulla torta Gigi Buffon imposto come capodelegazione in sostituzione dello scomparso Gianluca Vialli. E così, nel giro di dieci giorni, ecco la pec notturna che annuncia le dimissioni del Mancio. Che il motivo sia questo e non la pista araba lo conferma la sollecita dichiarazione del ministro dello sport Andrea Abodi, molto più vicino a Mancini di quanto non lo sia Gravina, rilasciata all’Ansa: «Mi viene da pensare: le nomine dello staff tecnico azzurro annunciate recentemente erano state concordate con lui o no?».

DETTO CIÒ, di Mancini si ricordano i colpi di tacco ma anche i colpi di testa. Il personaggio è complesso e non è nuovo a giravolte repentine in momenti topici, vedi le repentine dimissioni da Fiorentina e Inter. E così adesso per la federazione sono problemi seri. Entro una settimana vanno fatte le pre-convocazioni per partite del 9 settembre a Skopje contro la Macedonia del Nord (sempre loro!) e del 12 a Milano contro l’Ucraina: match già decisivi per andare a Euro2024. Le farà con tutta probabilità Luciano Spalletti, fresco vincitore di un incredibile scudetto sulla panchina del Napoli. Impresa che restituisce al tecnico toscano i giusti meriti di una carriera costruita sulla gavetta, ma che fino allo scorso anno gli aveva restituito molto meno di quanto meritato.

Se per vincere un campionato è dovuto emigrare in Russia (due campionati, una Coppa e una Supercoppa con lo Zenit San Pietroburgo), i soli tre trofei minori vinti in Italia prima del Napoli (due Coppa Italia e una Supercoppa con la Roma) raccontano di uno Spalletti che si è sempre trovato dalla parte sbagliata della storia. Leggi del potere. Un tecnico che, nonostante ciò, è però riuscito a lasciare un’impronta di gioco e spettacolo ovunque sia andato, fino al trionfo partenopeo. Ma la nomina di Spalletti, che per inciso giocherebbe con lo stesso modulo del Mancio, alleggerendo il processo di transizione, rischia di tardare, anche se difficilmente di saltare, per via di una clausola firmata quando si è dimesso Napoli. E che mette Gravina in una situazione a dir poco imbarazzante. L’ennesima.

TUTTO NASCE da una pec, stessa formula utilizzata di Mancini per le sue dimissioni, mandata dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis per rinnovare unilateralmente il contratto al tecnico dopo lo scudetto. Mossa che porta Spalletti, che per stravaganza non è certo secondo a Mancini, a rassegnare le dimissioni. Ma con una clausola che lo vuole fermo un anno. A meno che Spalletti stesso, o chi ne richiede i servigi, non paghi al Napoli una penale da tre milioni. Come ha confermato l’avvocato Mattia Grassani, che del Napoli è consulente, la clausola con la penale vale sia per i club sia per le federazioni. Quindi anche per la Figc. E qui la questione si fa più politica che economica. Al di là dei soldi infatti non esiste, e non è mai successo, che la federazione debba pagare un club per liberare un allenatore.

I rapporti tra Gravina e De Laurentiis sono buoni, quindi è probabile che entro fine settimana si trovi una soluzione. Anche perché alternative valide non ce ne sono. Difficile possa tornare Antonio Conte, altri nomi sono gli ex campioni del 2006, i vari Gattuso, De Rossi, Grosso o Cannavaro, che però in panchina deve ancora dimostrare il loro valore, per usare un eufemismo. E dovrebbero farlo con una squadra che è tutto fuorché sicura di andare all’Europeo. Per non parlare del Mondiale 2026, quando saranno 12 anni che l’Italia maschile non partecipa, avendo già privato almeno un paio di generazioni delle emozioni delle notti magiche.

Per questo, dopo lo shock delle dimissioni di Mancini e il tentativo di indirizzare le responsabilità verso la «pista araba», beninteso che ora l’ex c.t. avrebbe tutto il diritto di sedersi sulla panchina dell’Arabia Saudita, che agli ultimi Mondiali a differenza nostra si è sempre qualificata, adesso Gravina non può sbagliare mossa. E non c’è nulla di meglio di Spalletti, uno tra i migliori tecnici in circolazione. Uno che due mesi fa in un’intervista disse: «Allenare ora una Nazionale sarebbe molto stimolante. Dal punto di vista professionale ti permette di staccare ogni tanto, di uscire e di rientrare al lavoro, di fare i discorsi perfetti e allenamenti splendidi».

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