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Marco Calabria, una vita alla faticosa ricerca del comune
Nei movimenti del nuovo millennio Marco scriveva da dio, era preso da mille altre cose ma quando scriveva lo faceva per ciò che amava, articolesse lunghe e bellissime sul Cile, il Messico, l’Argentina, la Grecia
Taverna comunale a Scup, Roma (2014). Foto di Comune
Nei movimenti del nuovo millennio Marco scriveva da dio, era preso da mille altre cose ma quando scriveva lo faceva per ciò che amava, articolesse lunghe e bellissime sul Cile, il Messico, l’Argentina, la Grecia
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 10 febbraio 2024
Marco era juventino. Il che, viene da pensare, gli ha garantito la possibilità di godersi qualche vittoria. La sua attitudine era, al contrario, quella di mettersi nella posizione più scomoda, produttiva eppure prossima alla sconfitta di fronte alle smentite della realtà. La sua pacatezza, dunque, si traduceva in un eloquio piano e solo all’apparenza sommesso. Parlava con normalità spiazzante di eventi e ipotesi eccezionali. Il che forse derivava dalla sua formazione poetica. La sua musica era il blues: anche qui storie di looser, gente in cerca di redenzione che canta sotto la pioggia, col cuore infranto e senza soldi ma...