Messina è Nibalilandia, la casa del campione che è l’essenza del ciclismo
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Messina è Nibalilandia, la casa del campione che è l’essenza del ciclismo

Giro d'Italia 2022 - edizione 105 - Tappa 5 - Da Catania a Messina – LaPresse

Contagiro 2022 - Tappa 5 Torna alla vittoria Démare nel centro di Messina gremito di gente. La volata era l’esito scontato per la tappa partita da Catania. Solo che il tragitto apparecchiato non procedeva lungomare, ma dopo una manciata di chilometri svoltava verso l’interno alla ricerca dei boschi dei Nebrodi. Sull’ascesa a Portella Mandrazzi gli uomini di Van der Poel e Girmay possono così rafforzare l’andatura nella speranza di scrollarsi di dosso i velocisti puri e giocarsi l’alloro di giornata. A quel punto il destino della fuga era già bello che segnato (e pensare che a Bais e Tagliani si erano aggiunti altri tre: Tonelli, Hanninen e Maestri). Il gioco riesce a metà, nel senso che Ewan, malconcio, cede subito, e poco dopo è il momento del vecchio Cavendish, mentre Démare tiene duro fino a poco dalla vetta, e quando si stacca ha tutti i suoi a disposizione per iniziare la rimonta. Una rimonta conclusa dopo un po’ che si pedala nuovamente in piano, e coronata da uno sprint imperiale sullo stretto, con Gaviria imbufalito staccato di mezza bicicletta. Ma Messina era più che mai Nibalilandia. Passava da casa sua il campione siciliano, erano tutti qui, in realtà, per lui. E lui ne ha approfittato per annunciare che a fine anno saluterà il gruppo e tutti noi che siamo al seguito. Ha poi aggiunto - di passaggio -un pensiero su questo Giro, che ancora si ostina, se almeno un poco ormai lo conosciamo, a non dare per perso. Grande campione Nibali nostro, che ha vinto tutto, ha vinto bene e ha vinto tanto. E ha vinto senza mai l’ombra di un sospetto. Due Giri, un Tour, una Vuelta, una Sanremo (con tutta la sala stampa in piedi ad applaudire), due Lombardia e due campionati nazionali. Ha vinto semmai meno di quello che avrebbe potuto, non fosse che è nato troppo presto. Ha corso infatti, il siciliano, in un’epoca di corse bloccate e di atleti ragionieri, lui che ama soprattutto lo spettacolo e battagliare tutto l’anno su tutti i tipi di terreno. Nel ciclismo di domani, quello di Van der Poel e Pogacar, si sarebbe trovato più a suo agio. Che dire? Nibali nostro è stato l’ultimo capace di farci alzare tutti dal divano. È stato, cioè, il ciclismo. Dei campioni di domani, quando ci faranno rivivere, se capaci, l’essenza del ciclismo, potremmo dire che hanno corso alla Nibali. Tornando per un attimo a quanto successo - molto poco - sull’Etna l’altro ieri, la sensazione è che, per paradosso, l’eccessiva durezza del Giro renda la corsa più bloccata. Meglio sarebbe, a conti fatti, più monotonia nei giorni di trasferimento e più di quelli che una volta si chiamavano tapponi. Ne riparleremo, e nel frattempo magari torna Nibali a smentirci.

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 12 maggio 2022

Torna alla vittoria Démare nel centro di Messina gremito di gente. La volata era l’esito scontato per la tappa partita da Catania. Solo che il tragitto apparecchiato non procedeva lungomare, ma dopo una manciata di chilometri svoltava verso l’interno alla ricerca dei boschi dei Nebrodi. Sull’ascesa a Portella Mandrazzi gli uomini di Van der Poel e Girmay possono così rafforzare l’andatura nella speranza di scrollarsi di dosso i velocisti puri e giocarsi l’alloro di giornata. A quel punto il destino della fuga era già bello che segnato (e pensare che a Bais e Tagliani si erano aggiunti altri tre: Tonelli, Hanninen e Maestri).

Il gioco riesce a metà, nel senso che Ewan, malconcio, cede subito, e poco dopo è il momento del vecchio Cavendish, mentre Démare tiene duro fino a poco dalla vetta, e quando si stacca ha tutti i suoi a disposizione per iniziare la rimonta. Una rimonta conclusa dopo un po’ che si pedala nuovamente in piano, e coronata da uno sprint imperiale sullo stretto, con Gaviria imbufalito staccato di mezza bicicletta. Ma Messina era più che mai Nibalilandia. Passava da casa sua il campione siciliano, erano tutti qui, in realtà, per lui. E lui ne ha approfittato per annunciare che a fine anno saluterà il gruppo e tutti noi che siamo al seguito. Ha poi aggiunto – di passaggio -un pensiero su questo Giro, che ancora si ostina, se almeno un poco ormai lo conosciamo, a non dare per perso.
Grande campione Nibali nostro, che ha vinto tutto, ha vinto bene e ha vinto tanto. E ha vinto senza mai l’ombra di un sospetto. Due Giri, un Tour, una Vuelta, una Sanremo (con tutta la sala stampa in piedi ad applaudire), due Lombardia e due campionati nazionali. Ha vinto semmai meno di quello che avrebbe potuto, non fosse che è nato troppo presto. Ha corso infatti, il siciliano, in un’epoca di corse bloccate e di atleti ragionieri, lui che ama soprattutto lo spettacolo e battagliare tutto l’anno su tutti i tipi di terreno. Nel ciclismo di domani, quello di Van der Poel e Pogacar, si sarebbe trovato più a suo agio.

Che dire? Nibali nostro è stato l’ultimo capace di farci alzare tutti dal divano. È stato, cioè, il ciclismo. Dei campioni di domani, quando ci faranno rivivere, se capaci, l’essenza del ciclismo, potremmo dire che hanno corso alla Nibali. Tornando per un attimo a quanto successo – molto poco – sull’Etna l’altro ieri, la sensazione è che, per paradosso, l’eccessiva durezza del Giro renda la corsa più bloccata. Meglio sarebbe, a conti fatti, più monotonia nei giorni di trasferimento e più di quelli che una volta si chiamavano tapponi. Ne riparleremo, e nel frattempo magari torna Nibali a smentirci.

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