Alias
Michele Rabbia, il ritmo del silenzio
Jazz/Incontro con il batterista e percussionista torinese che racconta le «mie sorgenti sonore» «Punto a lavorare sulla materia sonora, cerco di forgiarla, scolpirla. Mi piace il contatto fisico con lo strumento, sono un manipolatore più che uno swinger»
Michele Rabbia
Jazz/Incontro con il batterista e percussionista torinese che racconta le «mie sorgenti sonore» «Punto a lavorare sulla materia sonora, cerco di forgiarla, scolpirla. Mi piace il contatto fisico con lo strumento, sono un manipolatore più che uno swinger»
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 13 agosto 2022
Valerio CorzaniTORINO
Michele Rabbia è un «residente di spazi», nel senso che quando suona li abita e li crea. Col suo drumming fortemente inventivo riesce a popolare di pattern ritmici e timbrici l’alveo musicale nel quale decide di collocarsi e allo stesso tempo è molto attento a «fare spazio», letteralmente, a non intasare troppo questi flussi, per lasciare sempre un giusto riconoscimento performativo alle pause e ai silenzi. Lo intervistiamo alla fine di un magnifico concerto al Torino Jazz Festival (una sorta di specchio riflesso tra i norvegesi Jan Bang e Harve Henriksen e gli italiani Roberto Cecchetto e, appunto, Rabbia). Ti...