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Nanga Parbat, paura per Daniele Nardi e Tom Ballard

Nanga Parbat, paura per Daniele Nardi e Tom BallardIl versante Diamir del Nanga Parbat e la via dove erano impegnati Nardi e Ballard

Himalaya La diplomazia ha aperto un varco nello spazio aereo invaso dalla guerra indo-pakistana per poter prelevare una cordata russa dal K2 che andrà alla ricerca dei due alpinisti dispersi

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 marzo 2019

Ci sono luoghi, sulle montagne del mondo, dove la morte è di casa più che altrove. Tra questi è certamente il Nanga Parbat, che con i suoi 8125 metri è la nona vetta della Terra. Prima della conquista, compiuta nel 1953 dall’austriaco Hermann Buhl, ben 31 alpinisti avevano perso la vita nei tentativi. Oggi l’elenco supera gli 80 nomi.

Nel versante del Nanga rivolto alla valle di Diamir, dove sono impegnati l’italiano Daniele Nardi e l’inglese Tom Ballard – che non danno più notizie da cinque giorni – è scomparso nel 1895 insieme a due nepalesi l’alpinista britannico Albert F. Mummery. A quel tempo, la loro spedizione, anche se finita in tragedia, segnò la nascita dell’alpinismo himalayano. Dal versante di Diamir, nel 1970, sono scesi i fratelli altoatesini Reinhold e Günther Messner, dopo aver raggiunto la vetta del Nanga Parbat dalla selvaggia parete di Rupal. Prima di lasciare il ghiacciaio, Günther è stato travolto e ucciso da una valanga.

SUI PENDII DI ROCCIA e ghiaccio del Diamir, se il meteo delle alte quote del Pakistan lo consentirà, andrà in scena tra poche ore uno straordinario tentativo di salvare la vita ai due alpinisti. L’ultimo contatto di Daniele Nardi e Tom Ballard con il campo-base risale alla sera di domenica 24 febbraio.

In Himalaya e nel Karakorum, per gli elicotteri, volare oltre i 6000 metri di quota è pericoloso e difficile. Per gli umani le cose non sono molto diverse. A un soccorso a quelle altezze possono partecipare alpinisti già acclimatati alla quota.
Un anno fa questo miracolo laico è riuscito: l’alpinista francese Elisabeth Revol, dopo aver compiuto la seconda salita invernale del Nanga e aver lasciato a 7200 metri, morente, il suo compagno di spedizione Tomasz Mackiewicz, è stata salvata dal kazako Denis Urubko e dal polacco Adam Bielecki. I due vennero prelevati da un elicottero al campo-base del K2, che stavano tentando di salire d’inverno. Nelle prime ore di oggi (gli orologi in Pakistan sono tre ore avanti ai nostri), un altro elicottero porterà dal K2 al Nanga Parbat Vassili Pivtsov e altri tre alpinisti di una spedizione composta da russi, kazaki e kirghisi.

AD ATTENDERE LA SQUADRA di soccorso è lo Sperone Mummery, una prua di roccia e di ghiaccio che si alza dai 6000 ai 7000 metri nel cuore del versante di Diamir, dov’è probabilmente caduta (non ci sono stati testimoni!) la valanga che ha ucciso nel 1895 l’inglese.

Ieri, un altro elicottero si è levato in perlustrazione, con a bordo l’alpinista pakistano Ali Sadpara. È stato avvistato un campo abbandonato e i segni di una slavina che potrebbe aver investito Nardi e Ballard. Scoprire cosa è accaduto ai due alpinisti è difficile, trovarli in vita e riaccompagnarli alla base sarebbe un altro miracolo. Ma la speranza c’è ancora.
Daniele Nardi, 42 anni, nato a Sezze in provincia di Latina, è un alpinista himalayano di grande esperienza. Ha salito in estate l’Everest, il K2, il Broad Peak e il Nanga Parbat, poi ha tentato per quattro volte quest’ultima cima d’inverno. Tre anni fa, quando le condizioni del meteo e della montagna erano finalmente propizie, un litigio con i suoi compagni di avventura lo ha portato ad abbandonare la squadra. Pochi giorni dopo gli italiani Simone Moro e Tamara Lunger, il pakistano Sadpara e il basco Alex Txikon, star dell’alpinismo spagnolo, hanno compiuto l’impresa.

Tom Ballard e Daniele Nardi sul Nanga Parbat

 

NARDI, INVECE DI SCEGLIERE altre mete, ha trasformato la passione per il Nanga Parbat in un’autentica ossessione. Nello scorso dicembre, è ripartito insieme a un grande nome dell’alpinismo mondiale come l’inglese Tom Ballard, 31 anni.

Nato nel Peak District, terra di pareti rocciose e di laghi, grande appassionato dell’alpinismo solitario, Ballard ha compiuto ascensioni importanti in Dolomiti (oltre 160 vie di alta difficoltà), sulle Alpi Pennine e sulla parete Nord dell’Eiger. Ha un curriculum di tutto rispetto anche nell’arrampicata sportiva, ma è alla sua prima esperienza sulle cime più alte e feroci del mondo. A legarlo alle montagne del Pakistan è una tragedia familiare: nel 1995 sua madre, l’alpinista Alison Jane Hargreaves è morta in discesa dopo aver salito il K2. Pochi mesi dopo il padre ha portato in pellegrinaggio Tom e sua sorella, entrambi bambini, fino ai piedi della gigantesca montagna dov’era scomparsa la madre.

NEI GIORNI SCORSI la quasi-guerra tra India e Pakistan, iniziata con l’attacco dell’aviazione di New Delhi contro il presunto campo terrorista di Balakot, nel Kashmir sotto controllo pakistano, ha creato dei seri ostacoli alla ricerca di Daniele Nardi e Tom Ballard.

Dopo l’attacco indiano, e alcuni scontri tra i caccia dei due Paesi sui due lati della frontiera, il Pakistan ha chiuso il suo spazio aereo a tutti i voli civili. Il provvedimento ha bloccato anche le missioni di trasporto e soccorso verso i campi-base del K2, del Nanga Parbat e delle altre grandi vette pakistane.

Mercoledì l’ambasciatore italiano a Islamabad Stefano Pontecorvo, con il suo collega britannico, ha ottenuto dal governo di Islamabad il permesso per la ricognizione di ieri. Ma l’autorizzazione è arrivata troppo tardi, e il volo è decollato un giorno dopo il previsto.

RISPETTO A QUELLO del Nanga, il campo-base del K2 si trova in una zona ancora più critica, accanto al confine dove gli eserciti del Pakistan e dell’India si combattono da decenni alla guerra più alta del mondo. Il permesso di inviare proprio lì un elicottero per trasportare Pivtsov e i suoi compagni verso il Nanga è un grande successo della diplomazia italiana. È giusto ricordarlo, in un momento che è ancora di speranza.

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